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lunedì 11 marzo 2013

Occhio per occhio



Berlusconi non si presenta ai processi causa congiuntivite




La scusa della congiuntivite per disertare le aule dei processi è solo l’ultima trovata del Cavaliere per evitare ancora una volta nella vita di fronteggiare le conseguenze non sempre mondabili delle azioni passate.
E in tutte le occasioni sono stati gli occhi, specchio dell’anima, a far da scenografia-ricettacolo per imprevedibili eventi capaci di deviare in un attimo il destino personale di un incallito gianburrasca e allo stesso tempo quelli collettivi di un intero Paese.
Già da bambino, richiesto se fosse sta lui a inerpicarsi sulla credenza e svuotare il barattolo della cioccolata, Silvietto scrollava convintamente il capo e sgranava gli occhioni un attimo prima che questi si inumidissero e rigassero a fiotti le paffute guanciotte ancora imbrattate di cacao.
In età scolare, a fronte della risoluta richiesta di un maestro sempre più spazientito perché si decidesse a risolvere l’esercizio alla lavagna, il nostro volgeva repentino uno sguardo vitreo in direzione della cattedra e strepitava un disperato «Cribbio, no: la cecità, no!».
Qualche anno dopo a catechismo, nelle pause del ritiro spirituale preparatorio al santo sacramento della Cresima, il futuro premier reagiva stizzito ai rimbrotti del curato per quei giornaletti che gli aveva beccato sotto le coperte e ribatteva a muso duro con un sibillino quanto minatorio «Caro Don, mi consenta: non le conviene incaponirsi sull’innocente pagliuzza nel mio occhio…».
Fattosi giovanotto, alla domanda accorata di mamma Rosa se fosse vera la voce che il suo picinìn era stato visto bazzicare i peccaminosi postriboli di via Olgettina, l’amato primogenito rispondeva che solo in un’occasione aveva varcato per errore la ignominiosa soglia ma solo perché un’imprevista suppurazione di umor vitreo aveva provocato un rigonfiamento della cornea con conseguente temporaneo distaccamento della retina ed erroneo accesso nella casa delle licenziosità al posto del circolo "scapoloni incalliti" presso cui si stava recando.    
Tempo dopo, mandato dalla stessa mamma Rosa a redimersi in chiesa al rientro dalle scorribande notturne con tutto il codazzo di baùscia perdigiorno, preferiva socchiudere le palpebre di fronte all’incalzante predicozzo del confessore a proposito di «Barabba preferito dalla folla ma abbandonato da Dio… » fino all’improvviso interesse del Cavaliere: «Com’è che è quella storia del Barabba preferito dalla folla?».

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