Berlusconi non si presenta ai processi causa congiuntivite
La scusa della congiuntivite per disertare le aule dei processi
è solo l’ultima trovata del Cavaliere per evitare ancora una volta nella vita
di fronteggiare le conseguenze non sempre mondabili delle azioni passate.
E in tutte le occasioni sono stati gli occhi, specchio
dell’anima, a far da scenografia-ricettacolo per imprevedibili eventi capaci di
deviare in un attimo il destino personale di un incallito gianburrasca e allo
stesso tempo quelli collettivi di un intero Paese.
Già da bambino, richiesto se fosse sta lui a inerpicarsi
sulla credenza e svuotare il barattolo della cioccolata, Silvietto scrollava
convintamente il capo e sgranava gli occhioni un attimo prima che questi si
inumidissero e rigassero a fiotti le paffute guanciotte ancora imbrattate di
cacao.
In età scolare, a fronte della risoluta richiesta di un maestro
sempre più spazientito perché si decidesse a risolvere l’esercizio alla
lavagna, il nostro volgeva repentino uno sguardo vitreo in direzione della cattedra
e strepitava un disperato «Cribbio, no: la cecità, no!».
Qualche anno dopo a catechismo, nelle pause del ritiro
spirituale preparatorio al santo sacramento della Cresima, il futuro premier
reagiva stizzito ai rimbrotti del curato per quei giornaletti che gli aveva
beccato sotto le coperte e ribatteva a muso duro con un sibillino quanto
minatorio «Caro Don, mi consenta: non le conviene incaponirsi sull’innocente pagliuzza nel
mio occhio…».
Fattosi giovanotto, alla domanda accorata di mamma Rosa se
fosse vera la voce che il suo picinìn era stato visto bazzicare i peccaminosi
postriboli di via Olgettina, l’amato primogenito rispondeva che solo in
un’occasione aveva varcato per errore la ignominiosa soglia ma solo perché
un’imprevista suppurazione di umor vitreo aveva provocato un rigonfiamento
della cornea con conseguente temporaneo distaccamento della retina ed erroneo
accesso nella casa delle licenziosità al posto del circolo "scapoloni incalliti" presso cui si stava recando.
Tempo dopo, mandato dalla stessa mamma Rosa a redimersi in
chiesa al rientro dalle scorribande notturne con tutto il codazzo di baùscia
perdigiorno, preferiva socchiudere le palpebre di fronte all’incalzante predicozzo
del confessore a proposito di «Barabba preferito dalla folla ma abbandonato da
Dio… » fino all’improvviso interesse del Cavaliere: «Com’è che è quella storia
del Barabba preferito dalla folla?».
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