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venerdì 3 gennaio 2014

Labirintite sentimentale



L’unica sensazione simile l’aveva avvertita quella volta che, solleticato dalle circostanze (invitante posto libero a fianco di colei che sarebbe diventata poi sua moglie), si era seduto sul tram in direzione opposta rispetto a quella di marcia: improvviso senso di nausea, vertiginoso calo di pressione e disperato bisogno di sdraiarsi prima che il vomito prendesse il sopravvento.
Da sempre, sin da bambino, era conscio di questa sua debolezza fisica; da quella volta che, giratosi per giocare coi soldatini sul copri-baule mentre papà e mamma guidavano spensieratamente, aveva avvertito un’inaspettata esplosione gastrica e, prima che riuscisse a pronunciare una qualsiasi “mam…” di stupore, aveva assistito coi suoi stessi occhi all’esondazione spontanea dalla bocca di un fiotto di cioccolata misto plasmon a ricoprire il sedile, il lunotto posteriore e i poveri soldatini.   
Anche ora che si era appena trasferito nel nuovo appartamento presentiva quella stessa fastidiosa sensazione che per tutta la vita aveva cercato accuratamente di evitare.
Eppure non si trovava in movimento; al contrario, era coi piedi ben piantato a terra.
Eppure non si era mai sentito d’animo così leggero da quando aveva abbandonato il vecchio alloggio di famiglia in cui ancora risuonava l’eco delle porte sbattute e del freddo addio di lei poco prima dello scoccare del nuovo anno.
Eppure in quell’esatto momento stava assaporando una delle sensazioni più rilassanti che organismo umano possa conoscere: la defecatio post-prandiale che solo gli autentici intenditori dell’abbinata caffè e sigaretta possono capire.
Per la prima volta da quando aveva cambiato abitazione e portato a termine il trasloco (poca roba, a dire il vero: un logoro tappetino da bagno tutto fronzoli che aveva comperato con lei ai mercatini natalizi di Bolzano giusto qualche giorno prima della rottura), si stava permettendo una fugace visita nel Nirvana dello sgombro intestinale in attesa di ripiombare di lì a poco nelle secolari leggi  del metabolismo quotidiano.
Qualcosa però non andava: all’improvviso lo stesso senso di nausea, il medesimo calo di pressione e l’identico bisogno di sdraiarsi di quella volta sul tram.
Un attimo prima che il conato avesse la meglio l’illuminazione: il water della casa nuova era collocato esattamente dalla parte opposta rispetto al water che aveva accolto le sue natiche nella precedente fase della sua esistenza.
Di quella dimora aveva curato insieme all’architetto ogni minimo dettaglio, ma aveva trascurato l’innocuo particolare di quale punto cardinale assegnare alla tazza sanitaria.
Tempo di aver chiare le idee e si voltò inginocchiandosi come un provetto saltimbanco per restituire al mondo la colazione di qualche ora addietro, e poi la cena delle sera prima e l’aperitivo delle sette con gli amici e il caffè preso alla macchinetta dell’ufficio nel primo pomeriggio e così via in un interminabile flashback duodenale fino alla squallida cotoletta fredda addentata di malavoglia la sera di Capodanno.
Nello stesso momento in cui rigurgitava l’inverosimile avvertiva però progressivamente, rigetto dopo rigetto, una rinnovata quiete intestinale frutto della riguadagnata giusta direzione.
Tempo di espellere l’ultimo rimasuglio di bistecca impanata e la rilassatezza di stomaco si era immediatamente trasferita qualche centimetro di intestino sotto, talmente pervasiva da comportare la spontanea evacuazione dello sfintere a brache ancora abbassate. 
Niente da fare: ormai il tappetino era da buttare.

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