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venerdì 1 marzo 2019

K.o.ala

Da quando sono padre sempre meno esco a far bisboccia.
Una massimo due volte all'anno.
Se capita, rientro a casa brillo e in preda ai sensi di colpa.
Forse in preda ai sensi di colpa perché brillo.
Forse brillo perché in preda ai sensi di colpa.
Tempo sottratto a mio figlio, a giocare con lui, a vederlo crescere.
Fatto sta che, tornato a casa, mi accartoccio ancora vestito attorno alla sagoma dormiente di Federico e lo stringo a me.
Quanto basta per avvertirne il morbido contatto senza svegliarlo.
Un abbraccio riparatore per chiedergli perdono delle mie manchevolezze.
Io avvolgente, lui impassibile.
Quasi distaccato.
Mi risveglio il mattino dopo avvinghiato al grosso koala di peluche al centro della stanza.
Fede si muove intorno col bastone dello swiffer a pungolarmi come si farebbe con la carcassa di un animale morto.
Irene sulla sfondo oscilla sconsolata la testa.
Io muovo solo le pupille come un camaleonte cercando di capire cosa sia successo.
Rinuncio per emicrania da domande senza risposta.
Richiudo gli occhi.
Non prima di essermi ripromesso nuovamente 'Mai più'.
Mi alzerò dal pavimento solo un paio di ore dopo.
Nessuno in casa.
Solo il koala di peluche a farmi compagnia.
Mi propone di bere l'ultima.
Nessuno mi capisce.

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