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E credo anche sia parecchio vendicativo.
Me lo immagino su una nuvola in sella a un Piaggio alato con addosso la sindone catarifrangente e in testa il casco aureolato.
Credo passi le giornate, davanti al casellario di nuvole e ambrosia, a decidere i destini della corrispondenza mondiale.
E credo si sia dimenticato di me: da cinque mesi aspetto una lettera importante che stenta a materializzarsi nel vano della mia cassetta. Vi ci ritrovo di tutto fuorché quella lettera.
E allora mi viene in mente di quando ero un Suo adepto, di quando portavo in giro la posta per le strade della Bassa Bergamasca e, soprattutto, di quando facevo lo stronzo con l'attesa altrui.
Anziani soli che, al solo sentire il motorino in lontananza, si affacciavano speranzosi sull'uscio di casa nella vana illusione che quel giorno ci fosse qualcosa indirizzato a loro. Andava bene tutto: depliant pubblicitari, manifestini elettorali, tasse, multe; qualsiasi cosa interrompesse la monotonia del loro vivere quotidiano.
E forse per la stessa ragione, interrompere la monotonia del mio vivere quotidiano (ah, vuota gioventù...), m'inventavo gli scherzi più cinici del pianeta: mi dirigevo in loro direzione con un sorriso cordiale e poi sterzavo all'ultimo, mi fermavo davanti alla loro cassetta, mi sgranchivo e ripartivo, consegnavo una busta qualsiasi per poi dire: "Ah, scusi... Non è per lei".
Sono passati più di dieci anni da allora e credo che l'ultima visita che abbiano ricevuto sia stata quella della grande mietitrice.
Me li immagino ora sommersi di corrispondenza a fianco del Dio delle Poste sussurarGli nell'orecchio: "No, fermo. Facciamolo aspettare ancora un po'".
Credo esista un Dio delle Poste e che sia parecchio vendicativo.
Credo sia giusto così.