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giovedì 11 luglio 2013

Ostaggi



Mai avremmo potuto credere che una cosa del genere potesse succedere anche da noi.
Abituati come eravamo a confinare simili notizie nel contesto patinato delle periferie hollywoodiane (villette senza recinzione, macchina parcheggiata nel vialetto di casa, barbecue pronto in giardino in vista della grigliata domenicale) di insospettabili borghi americani in cui la banalità del male la fa invece da padrone.
Tre ragazze sequestrate per vent’anni dall’insospettabile vicino di casa a Santa Monica (lo stesso che non mancava di elargire a tutti tutte le mattine un cerimonioso Good Morning and have a nice day), un ragazzo tenuto prigioniero per dodici anni in uno scantinato di Orlando dal vecchio professore che aveva accettato di dargli qualche ripetizione di Storia (ne era bastata una), due bambine inghiottite nella mansarda scarsamente illuminata dell’autista del pullmino che tutti i giorni le accompagnava a casa da scuola (tutti i giorni tranne quel giorno).
Ora la pratica del sequestro ossessivo e maniacale ha messo radici anche in Italia.
È ormai conclamato infatti che da circa vent’anni un erotomane incartapecorito e penalmente perseguito tiene in ostaggio un intero Paese pur di non ascoltare per via giudiziaria quella verità, politica prima ancora che legale, che da tanto tempo si premura di tener lontana da sé in un’artificiosa bolla mediatica consacrata dal lavacro elettorale.
Un rapporto talmente morboso e autodistruttivo da aver indotto la sindrome di Stoccolma in una parte degli stessi sequestrati, quasi a non volersi liberare dall’abbraccio mortifero con l’onnipotente sequestratore.
E allora sarà ancor più bello il giorno in cui il prigioniero prenderà coscienza di sé e troverà la forza per liberarsi dal rapitore, come quando in America…
Ah, già: ma è l’America è l’America…

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