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lunedì 7 maggio 2018

Cogitus interruptus

Da un paio di settimane l'ultimo tratto a piedi verso il lavoro si è fatto meno solitario.
Chiacchiero del più e del meno con un signore sulla sessantina diretto in un ufficio poco distante dalla mia meta.
La cosa è nata per caso: da un po' ci 'tenevamo d'occhio' causa orari comuni, parcheggi spesso vicini, tratto a piedi appunto identico.
Non ricordo nemmeno chi abbia rotto il ghiaccio, fatto sta che da due settimane la conversazione mattutina è diventata un rito.
Un rito insopportabile: son bastati tre giorni per accorgermi che il mio interlocutore comincia i discorsi e non li porta a termine.
Non lo fa apposta: li lascia in sospeso, crea aspettativa nell'ascoltatore e passa con nonchalance a parlare d'altro (che immancabilmente resterà incompiuto).
Ciò mi innervosice parecchio e zavorra il resto della mia giornata.
Come se a un bambino, pendente dalle labbra del suo narratore, venisse negato il finale della fiaba.
Ho cercato allora di evitarlo (cambiando giro e orario e parcheggio), ma un sesto senso guida il mio interlocutore a beccarmi sempre.
Ieri mattina ho deciso di vendicarmi.
Ma mai avrei immaginato la reazione.
Stavamo camminando come al solito uno a fianco dell'altro, quando a un certo punto

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