Del perché non mi candiderò mai a ruoli di responsabilità pubblica sapendo di andare incontro ad altrui aspettative destinate a rimanere deluse con tanto di polemiche e recriminazioni.
Premessa: Federico mesi fa, in epoca pre-Covid, aveva fatto con l'asilo una "gita" in comune a conoscere il sindaco, nell'occasione presentato come colui che si occupa dei problemi del paese.
Stamattina al risveglio.
Lugubre leit motiv da un mesetto a questa parte con novità finale.
"Papà?"
"Dimmi"
"Ma io non voglio morire"
"Buongiorno anche a te. Comunque nemmeno io voglio morire"
"Allora dopo chiamiamo il sindaco e gli chiediamo di fare qualcosa".
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venerdì 31 luglio 2020
giovedì 23 luglio 2020
Anonima sorda
Stamattina in montagna ho rapito un bambino.
Tipo Anonima Sequestri anni '80.
Non è che mi stessi annoiando e, dai, vediamo l'effetto che fa.
È che mia cognata, in pieno parchetto pubblico, a un certo punto mi chiede di recuperare, lei impegnata con le altre figlie, la più piccola addormentata nel passeggino.
Vado, scorgo due gambine penzoloni, prendo e mi muovo.
"Aiuto! Aiuto! Vogliono rapire mio figlio!" sbraita una.
Alzo lo sguardo pronto a placcare il malintenzionato.
Dagli sguardi capisco che il malintenzionato sono io.
Tra gli sguardi quello di mia nipote, la più piccola, quella che dovevo recuperare.
Faccio due più due e mollo istintivamente la presa.
La stradina è leggermente inclinata.
"Aiuto! Aiuto! Vogliono uccidere mio figlio!" sbraita la stessa.
Alzo lo sguardo pronto a placcare il malintenzionato.
Bene e male convivono nella stessa persona.
E non è sempre facile capire il confine.
Spesso lo si capisce dopo.
Tipo Anonima Sequestri anni '80.
Non è che mi stessi annoiando e, dai, vediamo l'effetto che fa.
È che mia cognata, in pieno parchetto pubblico, a un certo punto mi chiede di recuperare, lei impegnata con le altre figlie, la più piccola addormentata nel passeggino.
Vado, scorgo due gambine penzoloni, prendo e mi muovo.
"Aiuto! Aiuto! Vogliono rapire mio figlio!" sbraita una.
Alzo lo sguardo pronto a placcare il malintenzionato.
Dagli sguardi capisco che il malintenzionato sono io.
Tra gli sguardi quello di mia nipote, la più piccola, quella che dovevo recuperare.
Faccio due più due e mollo istintivamente la presa.
La stradina è leggermente inclinata.
"Aiuto! Aiuto! Vogliono uccidere mio figlio!" sbraita la stessa.
Alzo lo sguardo pronto a placcare il malintenzionato.
Bene e male convivono nella stessa persona.
E non è sempre facile capire il confine.
Spesso lo si capisce dopo.
lunedì 13 luglio 2020
Okkupatooo!
L’altra sera eravamo ospiti da amici di Irene nella loro nuova casa.
A un certo punto della serata chiedo di andare in bagno.
Uno shock visivo: il water non era scontatamente in fondo vicino alla finestra ma subito dopo la porta. Attaccato praticamente. Come nei pub.
Ok, non era una turca da pub ma la distanza water-stipite era pari a quella dei bagni da birreria. Minima.
Quanto basta per non chiudere a chiave e premere con la suola (col piede pigiato in avanti o appoggiato all’indietro a seconda della postura) perché nessuno possa entrare.
Quanti ricordi di quante serate.Chiudere a chiave faceva fighetta sfigato, urlare “Okkupatooo!” e respingere a scarpate faceva vissuto figo.
Che è poi il motivo per cui ho sbattuto la porta in faccia al figlio della coppia quando ha cercato di entrare per lavarsi i dentini.
E più il bimbo spingeva, più io respingevo.
Fino a quando è scoppiato a piangere e l’ho sentito sbattere la porta della cameretta.
Non che la cosa mi turbasse: troppo calato ormai nel me ventenne in quel lontano contesto di fumi, pinte e cessi alla Trainspotting.
Tanto da lasciare volutamente qualche goccia sul bordo della tazza, gettare un mozzicone al centro perché galleggiasse nel giallognolo stagnante e scrivere una frase porca sull’asse con annesso numero di telefono.
Poi sono tornato di là a riprendere la conversazione sulla fragilità emotiva delle nuove generazioni e sull’essere genitori oggi.
A un certo punto della serata chiedo di andare in bagno.
Uno shock visivo: il water non era scontatamente in fondo vicino alla finestra ma subito dopo la porta. Attaccato praticamente. Come nei pub.
Ok, non era una turca da pub ma la distanza water-stipite era pari a quella dei bagni da birreria. Minima.
Quanto basta per non chiudere a chiave e premere con la suola (col piede pigiato in avanti o appoggiato all’indietro a seconda della postura) perché nessuno possa entrare.
Quanti ricordi di quante serate.Chiudere a chiave faceva fighetta sfigato, urlare “Okkupatooo!” e respingere a scarpate faceva vissuto figo.
Che è poi il motivo per cui ho sbattuto la porta in faccia al figlio della coppia quando ha cercato di entrare per lavarsi i dentini.
E più il bimbo spingeva, più io respingevo.
Fino a quando è scoppiato a piangere e l’ho sentito sbattere la porta della cameretta.
Non che la cosa mi turbasse: troppo calato ormai nel me ventenne in quel lontano contesto di fumi, pinte e cessi alla Trainspotting.
Tanto da lasciare volutamente qualche goccia sul bordo della tazza, gettare un mozzicone al centro perché galleggiasse nel giallognolo stagnante e scrivere una frase porca sull’asse con annesso numero di telefono.
Poi sono tornato di là a riprendere la conversazione sulla fragilità emotiva delle nuove generazioni e sull’essere genitori oggi.
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