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martedì 4 agosto 2015

Efelidi

L'altra mattina mi è passata l'infanzia davanti agli occhi.
Nel senso che in spiaggia, davanti a me, un bambino pel di carota piagnucolava e si contorceva scongiurando la mamma di fargli sparire dalla faccia le efelidi.
Non ha detto proprio "efelidi", ma ha sputato con rabbia tutti i sinonimi evidentemente usati dagli "amichetti" per prenderlo in giro: lenticchie, pamole, cacche di mosca, croste di polenta... lentiggini insomma.
E l'ho immaginato morire dentro mentre gli altri, credendosi spiritosi, retrocedevano da lui con le braccia a croce manco fosse un appestato; l'ho visto chiedere timidamente il primo appuntamento alla compagna di banco e sentirsi rispondere in modo gelido "Il giorno in cui ti cadranno quelle cose dalle guance"; l'ho riconosciuto nelle grinfie dei bulletti della scuola mentre questi lo tenevano fermo giocando a unirgli con il pennarello le macchie in faccia a comporre la parola "MOSTRO".
E mi sono rivisto fuggire dalle risate altrui e correre dalla mamma a chiedere come mai mi avesse fatto così; ho ricordato le notti passate a spalmarmi la crema Biancardi perché cadessero quelle cose dalle guance; ho rivissuto le scuse mattutine per non andare a scuola e incrociare i miei aguzzini.
Allora ho vinto la riservatezza, mi sono avvicinato al bambino e ho sussurrato: "Tranquillo, non credere a quello che ti dicono: siamo persone normali".
Sarà stato il logoro cappellino Cre '98 che avevo in testa, gli occhiali da sole montatura verde pisello allegato di chissà quale settimanale per adolescenti, la protuberanza psichedelica del naso rosso peperone in una faccia cosparsa di crema, la maglietta poco rassicurante di Arancia Meccanica, le infradito Hello Kitty prestatemi da Irene quella mattina... fatto sta che il ragazzino s'è messo a frignare più forte e la mamma a fulminarmi con uno sguardo del tipo "Grazie. No davvero, grazie".

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