La scorsa notte, posseduto dal muco, ho cercato di afferrare i kleenex che si trovavano sul comodino di fianco a Irene.
Per non svegliarla, ho inarcato braccio e avambraccio in modo da non sfiorarle la testa e raggiungere l'agognato fazzoletto di carta.
Parevo Nureyev al momento topico della morte del cigno.
Lei però, con l'istinto romantico che solo le donne conservano anche nel sonno, m'ha afferrato l'arto con uno scatto e, sempre senza aprire gli occhi, l'ha avvinghiato a sé come nel più tenero degli abbracci.
Una borseggiatrice delle effusioni, una Pippo Inzaghi dell'area di amore, una velociraptor delle coccole.Lungi da me tentare di sfuggirle (avete presente la reazione di un velociraptor risentito?).
Un intero albeggiare avviluppati come un muschio al proprio lichene.
Ancora stamattina, nel momento in cui l'ho congedata in punta di piedi socchiudendo la porta, portava stampato in volto il sorriso di chi per tutta una nottata s'è sentita amata e protetta.
Peccato non esserci quando si volterà a respirare il tepore del dov'ero, aprirà lentamente gli occhi e scorgerà una viscida scia di lumaca sul cuscino.
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