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domenica 21 febbraio 2016

Lui piangerà perché

A seguire il mio personale contributo alla pediatria moderna.
Il bebè piange perché:
- ha carpito la frase rivolta al papà "Adesso prendilo un po' in braccio tu senza farlo più cadere";
- ha sonno (il che non significa che poi dorma, ha semplicemente sonno e vuole che si sappia);
- ha visto una tribuna politica dal primo all'ultimo minuto, occhi sbarrati davanti alla tele, complici mamma e papà addormentatisi ai due lati del divano;
- ha fatto un brutto sogno nel cuore della notte e si è svegliato singhiozzando (almeno così mi racconta la mattina dopo Irene: e chi se n'era accorto?);
- ha fame (il bebè);
- ha fame (la mamma, e il bebè sa che verrà snobbato per almeno tre quarti d'ora abbondanti, ammesso non ci siano anche secondo, frutta, limoncello e dolce);
- ha ricevuto una spallata dal papà nella gara per accaparrarsi il capezzolo della mamma;
- ha problemi di aria nello stomaco, riflusso, coliche (non in alternativa l'uno all'altro, tutti e tre assieme naturalmente);
- ha il pannolino pieno di pupì (perché si tratta di un pastrugno delle due cose, una specie di blob pulsante e maleodorante) e reclama il cambio della mamma (non nel senso in cui lo reclama il papà);
- ha sentito la parola "garage" che ormai associa a quella volta che il papà ha tirato giù in fretta la saracinesca col dubbio di aver dimenticato qualcosa, o meglio qualcuno, dentro;
- ha bisogno di attenzioni ma il papà lo ignora perché deve scrivere al computer che suo figlio ha bisogno di attenzioni.

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