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venerdì 9 novembre 2012

Miti al tramonto

La falce della crisi miete le sue vittime anche nel settore del divertimento 


Il licenziamento in tronco l’aveva colto di sorpresa e gettato nel volgere di poche ore nel baratro della disperazione. Un’afflizione silenziosa, compita, taciuta. Uno sconforto soffocato nell’animo per uno come lui che, fino al giorno prima, era abituato a monopolizzare il centro dell’attenzione, da tutti conteso e da tutti ben voluto. Notorietà, agio, spensieratezza. Poi, all’improvviso, l’umiliazione dell’allontanamento dal lavoro e la noia devitalizzante delle giornate trascorse nel più completo anonimato esistenziale, senza nessuno che lo cercasse, senza nessuno che lo degnasse di un saluto foss’anche di ipocrita cortesia. Nessuna spiegazione alla base della brusca risoluzione. La parola “crisi” ad addomesticare preventivamente qualsivoglia recriminazione. Un freddo commiato dopo anni di fatica quotidiana e un “in bocca al lupo” di circostanza sibilato sulla soglia di un incerto futuro. Quale futuro? Inerte e amorfo sul sofà come una povera iguana incartapecorita. Un animale impagliato sotto il quale continuava a pulsare tenue il sangue della dignità e della brama di rivalsa. Ma il mondo là fuori era troppo gelido anche per uno a sangue freddo come lui. Gli amici di un tempo dispersi nella trama ingarbugliata di un’esistenza da ricostruire, i nemici di un tempo ancora più nemici nel momento della vendetta covata sotto la brasca dell’invidia e del risentimento. I risparmi di una vita vaporizzati prima ancora di rendersene conto. Quindi l’accettazione di degradanti lavoretti per non patire la fame, quegli stessi lavoretti rifiutati in passato pur di non inquinare la fama. Dinosauro immobile e silente sotto gli occhi sgranati delle scolaresche al Parco della Preistoria, creatura sputafuoco infilzata dalla miracolosa lancia di San Giorgio in occasione delle rappresentazioni sacre, comparsa di secondo piano – un punto indistinto sullo sfondo – in una scena di massa del Signore degli Anelli, ridicolo pupazzo schiavizzato da Miss Piggy nella serie dei Muppets, goffa mascotte della squadra di football americano dei Poggibonsi Dragons. Intanto il vizio dell’alcol a obnubilare la mente di colui che era ormai lontano parente dell’impeccabile professionista di una volta. Ritardi sul lavoro, plateali litigi coi colleghi, imbarazzanti scuse mormorate a mezza voce. Infine la nomea di inaffidabile, l’emarginazione, l’isolamento. Ignominiosi camei in occasione di squallidi Carnevali paesani per il pubblico ludibrio di bifolchi urbanizzati. Vecchi beoni che lo insultavano, giovani donne che lo additavano, piccoli monelli che lo tormentavano e gli tagliavano la coda solo per osservarla agitarsi convulsamente. E lui fermo, occhi socchiusi, a ricordare quelle stesse persone in fila all’entrata di Gardaland perché potessero l’indomani vantarsi di una foto in sua presenza, in compagnia del Drago Prezzemolo, il padrone di casa, la star, il mito. Tanto valeva inebetirsi al sole fino al tramonto come le lucertole a lungo disprezzate, immobili sulle pietre lastricate del parco-giochi mentre intorno a loro tutto chiamava alla festa. Schiamazzi, risate, rincorse, scherzi, spassi. Sguardo fisso nel vuoto e cuore pulsante sotto pelle come se altre fossero le cose importanti e le parentesi chiassose non meritassero attenzione. Tanto valeva.    

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