Dieci più uno comportamenti che mi fanno dubitare sul mio essere un buon padre:
- sono l'unico a definire quello che gli altri chiamano "profumo di neonato" per quello che è: odor di maionese andata a male conservata sotto le ascelle di un maratoneta scalzo;
- mi diverto nel vederlo sgranare gli occhi e increspare le labbra quando, dopo aver avvicinato l'agognato succhiotto, glielo allontano di scatto (non una volta, più volte);
- in caso di ciuccio caduto e conseguente ordine di Irene perché mi precipiti a disinfettarlo con l'acqua calda, corro verso il bagno, giro l'angolo, ci sbuffo sopra, aspetto qualche secondo e poi torno col petto gonfio di chi ha assolto al proprio dovere;
- più piange, più rido: quando dopo una lunga rincorsa di vagiti arriva a contorcere la bocca senza emettere suono alcuno ma aspirando aria e vocali, esplodo in una risata fragorosa di cui subito mi vergogno. Poi riprendo a ridere;
- quando ce l'ho in braccio nella fase abbiocco (suo, non mio), gli sussurro all'orecchio tutti i finali delle fiabe che sentirà nel corso dell'infanzia: mi piace immaginare la futura delusione nel momento in cui, a fine storia, si accorgerà di averla già sentita da qualche parte;
- sapendo che distingue già le voci ma a mala pena i contorni, mi diletto a infilarmi lo scialle da allattamento di Irene, una ridicola parrucca di Carnevale e due cachi sotto la maglietta... così, per confonderlo un po';
- se la mamma si assopisce in piena fase allattamento, mi avvicino al bimbo voracemente avvinghiato al capezzolo e gli bisbiglio: "Da lì mi hai sfrattato e lì ritornerò";
- nel caso tocca a me cambiarlo, mi limito a capovolgere il pannolino anziché impazzire a mettergliene uno nuovo (almeno, con le mutande funziona);
- se dorme nella carrozzina e devo portarlo in un'altra stanza, mi permetto tutte quelle accelerate, sterzate e derapate che con la macchina non ho coraggio di fare;
- lo chiamo coi nomignoli che mi ero sempre ripromesso di non utilizzare ("fagiolino", "sbirulino", "pisellino") ma solo perché non mi viene subito il nome registrato all'anagrafe;
- qualora fossi in piedi col piccolo appisolato tra le mie braccia e volessi, che ne so, afferrare con una mano il calice di rosso poco distante sul tavolo e contorcendomi ci riuscissi ma all'improvviso avvertissi la precarietà delle mie due prese... beh, mi ritroverei a dover fare una scelta.
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