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venerdì 22 maggio 2020

Dov'ero quando la Storia cambiava davvero

Il 17 marzo 1861, giorno della proclamazione del Regno d’Italia, ero nella mente del mio trisavolo che si commuoveva pensando ai discendenti che un giorno avrebbe avuto in un’Italia finalmente unita e indipendente.
Il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione dai nazifascisti, ero nei pensieri di mio nonno che si rallegrava pensando ai nipoti che un giorno avrebbe avuto in un Paese finalmente libero e democratico.
Il 20 luglio 1969, giorno dell’allunaggio, ero nelle fantasie di mio padre adolescente che si chiedeva se il figlio che un giorno avrebbe avuto sarebbe mai andato ad abitare sulla Luna. O quantomeno a passarci una vacanza.
Il 9 maggio 1978, giorno dell’uccisione di Aldo Moro, ero nella pancia di mia mamma che piangeva preoccupandosi del figlio che stava per avere in un Paese dilaniato tra terrorismo e stragi di Stato.
Il 9 novembre 1989, giorno del crollo del Muro di Berlino, ero in camera mia a giocare alla guerra con i soldatini quando i Miei mi chiamarono emozionati davanti alla tele a vedere che la Guerra Fredda era finita.
L’11 settembre 2001, giorno dell’attentato alle Torri Gemelle, ero in camera mia a studiare la guerra per un esame universitario quando un amico mi chiamò al telefonino per dirmi di andare su internet a vedere che una guerra nuova stava per cominciare.
Il 9 luglio 2006, giorno del quarto titolo mondiale per la Nazionale italiana, ero in Irlanda con amici e tra una pinta e l’altra mi domandavo se il figlio che un giorno avrei avuto avrebbe mai goduto di una festa simile.
Il 17 dicembre 2015, giorno della nascita di Federico, ero in sala-parto e rimuginavo tra un’imprecazione e l’altra di Irene sul fatto che forse quell’evento non avrebbe cambiato il mondo in generale ma il mio particolare di sicuro.
Il giorno X di tal mese del 20equalcosa, giorno in cui sarà annunciata la fine della pandemia Covid-19, sarò sul divano nella stessa posizione di quando era stata annunciato l’inizio del tutto. Si spera non mummificato.
Nel caso ci penserà mio figlio.

Appellativi

Appellativi che ho dato a Irene dacché ci conosciamo:
bimba coi capeli risci (da bambino)
bella figa (da adolescente allupato)
gentil pulzella (da universitario spasimante)
Signorina aspetti che Le apro la portiera (da uscente alle prime armi)
Bubuevani (da timido amante sotto le coperte)
Amore con la A maiuscola (da uscente conclamato)
Bubuevani gooool su punizione al 119’ finale Coppa Intercontinentale 1989 (da amante focoso sopra le coperte)
Jenny (quella volta che mi sono sbagliato nel momento meno opportuno)
Stronza ingrata (da lasciato)
Fighettuola prodiga (da ripreso)
amore con la a minuscola (da allora)
Madre di tuo figlio (da genitore incazzato con la madre e/o con il figlio)
Coinquilina (dopo dieci anni di convivenza)
Congiunta (dal 4 maggio 2020).

Interpretazioni

Compito a casa dell’asilo: disegna le tue paure.
Svolgimento di Federico: vedi foto sotto.
Interpretazione della madre: il buio.
Interpretazione del padre: svegliarsi di soprassalto in una stanza tinteggiata alla cazzo dopo aver dormito tutta notte su una branda militare sotto una coperta rosso-sangue e accorgersi solo in quel momento di non avere naso e bocca per poter respirare/urlare.

domenica 10 maggio 2020

Le invidie sociali ai tempi del Coronavirus

Chi non ha un giardino nei confronti di chi ce l’ha.
Chi ha un giardino ma non una griglia da barbecue nei confronti di chi ha un giardino e anche una griglia da barbecue (e pensare che ci stava quell’offerta prima che tutto chiudesse…).
Chi non ha un terrazzo (oltre non avere un giardino) nei confronti di chi ce l’ha.
Chi non ha un balcone (oltre non avere un giardino e un terrazzo) nei confronti di chi ce l’ha.
Chi non ha una finestra (oltre non avere un giardino, un terrazzo e un balcone) nei confronti di chi ce l’ha. Praticamente chi vive all’interno di un ascensore.
Chi si chiede come sia possibile vivere all’interno di un ascensore e soprattutto come cazzo sia possibile costruire case senza finestre rispetto a chi non si pone domande del genere.
Chi non ha un cane da portare a passaggio nei confronti di chi ce l’ha.
Chi ha un pappagallino o un merlo o un canarino nei confronti di chi ha un cane da portare a passeggio (“Perché diavolo non ho preso un cane?”).
Chi ha un gatto nei confronti di chi ha un cane (convincete voi un gatto a farvi da animale da passeggio, più facile sia lui a portarvi nella sua lettiera; tanto valeva prendere un pappagallino o un merlo o un canarino).
Chi mangia poco o nulla nei confronti di chi, mangiando regolarmente, ha autocertificata necessità di andare a fare la spesa.
Chi mangia poco o nulla e quindi produce pochi avanzi e non ha nemmeno la scusa di scendere a portare il sacco dell’umido rispetto a chi, mangiando regolarmente, produce abbastanza scarti da avere una scusa per scendere a portare il sacco dell’umido almeno una volta a settimana.
Chi di mestiere non fa il ritiratore del sacco dell’umido rispetto a chi lo fa.
Chi non fa il food rider rispetto a chi lo fa.
Chi non sa cosa sia un food rider rispetto a chi lo sa.
Chi viene a sapere che non è nient’altro che il vecchio pony express (non il pony express conosciuto da giovane, era l’84, e ora invecchiato, ma il vecchio termine “pony express”) e a quel punto capisce perché invidiarlo.
Chi non fuma e non ha bisogno di andare dal tabaccaio rispetto a chi fuma e deve andare dal tabaccaio.
Chi inizia a fumare per poter avere la scusa per andare dal tabaccaio ma teme di aprire un’autostrada polmonare al Coronavirus rispetto a chi fuma da una vita e si è ormai immunizzato in tal senso.
Chi non legge quotidiani e non ha bisogno di andare in edicola rispetto a chi legge e deve andare in edicola.
Chi inizia a leggere quotidiani per poter avere la scusa per andare in edicola ma teme di maturare un pensiero critico e porsi troppe domande rispetto a chi legge quotidiani da una vita e da una vita ha imparato a gestire troppe domande.
(La categoria di cui sopra non vale per quotidiani come Libero; con quotidiani come Libero ci si incarta il pesce o ci si pulisce le terga se assaliti da evacuazione intestinale in aperta campagna; quindi, date le attuali circostanze, ci si incarta il pesce e basta).
Chi non ha un parente cardiopatico da andare a trovare rispetto a chi ce l’ha.
Il parente cardiopatico che invidia tutti (tranne chi vive all’interno di un ascensore).

E ritrovar se stessi

A proposito di isolamenti forzati che fanno ritrovare cose.
C'è chi in questi giorni ha ritrovato un libro impolverato, chi un film visto al cine anni prima, chi un cd consumato in gioventù, chi una foto ingiallita, chi addirittura se stesso.
Io ho ritrovato il whisky&menta.
Roba fatta in casa. Due decenni fa.
Stava al di là di un'anta, di quelle che non apri mai se non per vincere la noia in occasione di epidemie internazionali.
3/4 di whisky più 1/4 di menta.
Lo stordimento dell'alcol ammansito dalla dolcezza della pianta aromatica.
Pur sempre un modo per ritrovar se stessi.
Dopo essersi persi.

Del sesso dei dinosauri

Le discussioni da convivenza h24 ai tempi del Coronavirus.
Un’ora fa si è questionato sul sesso dei dinosauri.
Non su come si accoppiassero, chi sopra chi sotto, se il T-Rex stabaccasse una siga dopo l’amplesso.
Né sulle dimensioni del sesso: lunghezza, angolatura, circonferenza.
Anche perché Federico era presente.
Abbiamo discusso sulla distinzione tra dinosauri maschi e dinosauri femmine.
All’origine l’assegnazione da parte di Fede di un pupazzetto di dinosauro a testa con la richiesta di scegliere un nome.
Per il mio brachiosauro io propongo Anselmo, per il suo triceratopo Irene suggerisce Rosy.
“No, non valeee” replica Fede secondo cui gli enormi lucertoloni possono portare solo appellativo virile.
Io tacitamente concordo, Irene legge dietro all’impuntatura del pupo un principio di maschilismo da estirpare alla radice.
Fede urla e getta involontariamente il carico da 90 dicendo che le dinosaure stanno in casa.
“Magari a fare la lavatrice?” domanda stizzita Irene.
“Non esisteva” risponde Fede.
“Aaaah, meno male...” male interpreta la madre.
“Non esisteva la lavatrice” precisa l’infante.
“Forse allora a pulire la caverna?” ironizza la genitrice.
“No, anche a cucinare” rilancia il pargolo.
“È colpa tua!” cambia bersaglio la donna.
“Giuro che non c’entro” mi difendo io.
“Con una mentalità del genere non mi stupisce che i dinosauri si siano estinti!” sentenzia l’inviperita.
“Come estinti!?!” balbetta l’innocente cui non avevamo ancora parlato della scomparsa sulla Terra dei bestioni preistorici.
Il siparietto cala con me e Irene impegnati in un effervescente scambio di vedute su cosa fosse colpa di chi.
Mentre Federico cerca di rimediare all’estinzione facendo accoppiare selvaggiamente i pupazzetti di Anselmo e Rosy.