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lunedì 24 aprile 2017

Come una comica

La cosa più buffa che fa ultimamente è questa: cerca di raccogliere da terra la cosa su cui ha appena messo il piede e che quindi, inevitabilmente, non riesce a tirare su.
La scena risulta esilarante nella sua semplicità.
Più tira più il piede fa pressione e la situazione non si sblocca mica.
Si sforza, s'intestardisce, s'arrabbia ma non ce la fa.
Allora Fede si avvicina, le sposta il piede e raccoglie la cosa per la mamma.

martedì 18 aprile 2017

Bum, bum, bum

Sin dal primo giorno di paternità una cosa che mi piace fare è origliare da dietro la porta le filastrocche che Irene canta a Federico mentre lo prepara per la nanna.
Non ho mai fatto caso alle parole; è l'idea in sé che mi rasserena, come se l'umanità intera, cattivi compresi, condividesse un momento di ancestrale armonia.
Molto Mulino Bianco lo so (non la fase Banderas-gallina parlante, quella precedente della famigliola felice), ma è il mio lato mieloso che prende il sopravvento.
Ciò fino a ieri sera, cioè fino a quando ho fatto caso al testo della filastrocca, che fa pressappoco così:

"Là sulla montagna pum pum pum
lavorano i sette nani pum pum pum
Là sulla montagna ronf ronf ronf
dormono i nanetti ronf ronf ronf
Là sulla montagna drin drin drin
si svegliano i nanetti drin drin drin..." e così via.

Nulla di male.
Ma quando la creatura non si addormenta e al genitore tocca improvvisare, puoi sentire strofe del tipo:

"Là sulla montagna bum bum bum
si sfondano i nanetti bum bum bum".

Da dietro la porta ho immaginato Federico da grande sdraiato sul lettino dello psicologo scavare nel proprio subconscio e raccontare di un vago ricordo d'infanzia: Eolo che inchiappetava Pisolo (che manco si svegliava), Mammolo che guardava eccitato, Brontolo che tontognava "Quando tocca a me? Quando tocca a me?", Cucciolo che ammutoliva (appunto), tutta l'allegra compagnia impegnata insomma in un'orgia fiabesca al ritmo di "Andiam, andiam, andiam a sodomizzar".


Sono entrato di getto nella stanza, ho strappato Federico dalle braccia di Irene e c'ho pensato io a ninnarlo, raccontandogli della gallina parlante e del mugnaio macho e virile.

giovedì 13 aprile 2017

Adesso può sciacquare

C’è una canzone nella mia vita che ascolto solo dal dentista.
Cioè, non è che mi presento con un dj set e la metto su io.
No, passa in radio solo quando sono sdraiato sul lettino del dentista.
Non è un cd messo su dal dentista, tipo il greatest hits del suo cantante preferito.
No, no, è proprio una radio, famosa anche.
Al di fuori dallo studio del dentista non mi è mai capitato di sentire quella canzone, neppure sintonizzandomi per una giornata intera su quella radio.
Si chiama qualcosa come “The river”, un pezzo anni ’80 stile soul malinconico.
Io la trovo una coincidenza incredibile, o meglio: la trovavo.
Ieri ero in treno per Milano e all’improvviso quella canzone soffusa è uscita dalle cuffiette del ragazzo vicino a me.
Mi è partito un trip paura tipo porta spazio-temporale a due passi dal senso della vita.
La signora seduta davanti mi deve aver chiesto una cosa del tipo “La prossima è Lambrate?” e io giuro di aver capito “Adesso può anche sciacquare”.
Finita la canzone non ho fatto in tempo a chiarire l’equivoco: deve essere scesa lo stesso anche se non era Lambrate perché mi sa di averla guardata con lo stesso sguardo carico d’odio con cui fulmino l’assistente del dentista quando fa la finta-gentile finito il trapanamento lento e sanguinolento.
Comunque sì: era Lambrate.

sabato 8 aprile 2017

Igiene in famiglia

Pranzo dai suoceri.
Premessa: Federico è in piena fase smanacciamento–pistolino.
Io con Federico in braccio: “Uhm, che odorini buonoloni… Pronti per la pappa!”
Nonna materna in modalità chioccia: “Prima però andiamo a lavarci le manine che sanno di pisellino”
Io: “Me le sono appena lavate”
Gelo antartico.
Orsi polari ovunque e pinguini nel tinello.
Confido nello scioglimento dei ghiacciai prima del dessert.

lunedì 3 aprile 2017

Primi pazzi

Ieri sera stavo facendo non so cosa in stanza quando Federico ha infilato all’improvviso dieci passi di seguito e ha scoperto di poter camminare da solo.
L’ha fatto col sorriso stampato in faccia.
Io, quasi per nasconderlo a me stesso, mi sono girato di scatto a vincere un fiotto di lacrime affiorato senza preavviso.
Dovuto, credo, all’infinitesimale associazione di idee: cammina – non ha più bisogno di me – un giorno andrà per la sua strada.
So che messa così sembra una pippa mentale e che normalmente avrei infradiciato di sarcasmo chi m’avesse rivolto analoga confidenza.
Ma vissuta in prima persona, così alla bugiarda, la situazione ha determinato il suo porco effetto.
Un contropiede emotivo che neanche il gol di Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali dell’86.
Trattenuto il magone, mi sono allora rigirato per sorridere con lui dell’impresa, ma lui nel frattempo si era schiantato al suolo e piangeva.
E io ridevo.
E lui piangeva.
E più lui piangeva, più io ridevo.
Finché le due cose son diventate una sola.