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sabato 30 maggio 2015

Contrappasso postale

Credo esista un Dio delle Poste.
E credo anche sia parecchio vendicativo.
Me lo immagino su una nuvola in sella a un Piaggio alato con addosso la sindone catarifrangente e in testa il casco aureolato.
Credo passi le giornate, davanti al casellario di nuvole e ambrosia, a decidere i destini della corrispondenza mondiale.
E credo si sia dimenticato di me: da cinque mesi aspetto una lettera importante che stenta a materializzarsi nel vano della mia cassetta. Vi ci ritrovo di tutto fuorché quella lettera.
E allora mi viene in mente di quando ero un Suo adepto, di quando portavo in giro la posta per le strade della Bassa Bergamasca e, soprattutto, di quando facevo lo stronzo con l'attesa altrui.
Anziani soli che, al solo sentire il motorino in lontananza, si affacciavano speranzosi sull'uscio di casa nella vana illusione che quel giorno ci fosse qualcosa indirizzato a loro. Andava bene tutto: depliant pubblicitari, manifestini elettorali, tasse, multe; qualsiasi cosa interrompesse la monotonia del loro vivere quotidiano.
E forse per la stessa ragione, interrompere la monotonia del mio vivere quotidiano (ah, vuota gioventù...), m'inventavo gli scherzi più cinici del pianeta: mi dirigevo in loro direzione con un sorriso cordiale e poi sterzavo all'ultimo, mi fermavo davanti alla loro cassetta, mi sgranchivo e ripartivo, consegnavo una busta qualsiasi per poi dire: "Ah, scusi... Non è per lei".
Sono passati più di dieci anni da allora e credo che l'ultima visita che abbiano ricevuto sia stata quella della grande mietitrice.
Me li immagino ora sommersi di corrispondenza a fianco del Dio delle Poste sussurarGli nell'orecchio: "No, fermo. Facciamolo aspettare ancora un po'".
Credo esista un Dio delle Poste e che sia parecchio vendicativo.
Credo sia giusto così.

domenica 24 maggio 2015

Garage e unicorni

Deve essere una roba tipo quando Eva beccava Adamo con le mani in mano e gli ordinava di andare subito a dar da mangiare all'unicorno.
Fa niente se fino a un attimo prima s'era tirato matto a evitare che Caino e Abele si azzuffassero o a scacciare a bastonate il serpente dall'albero della Vita.
Figurarsi poi farle presente che l'unicorno era forse l'unica specie che Dio non aveva creato.
L'ordine era perentorio e non ammetteva repliche.
Una naturale propensione all'imperio femminile nei confronti del maschio che ha attraversato i secoli ed è giunta a noi praticamente immutata.
La mia da un po' di tempo s'è fissata sul "Devi sistemare il garage".
"Amoreee, finalmente sono a casa! Mi faccio una doccia e..." "...scendi a sistemare il garage?".
"Oh, e con questo ho finito! Finalmente posso..." "...scendere a sistemare il garage?".
"E ora una bella dormita. Uhm, però non prima di..." "...essere sceso a sistemare il garage?".
Fa niente se fino a un attimo prima m'ero tirato matto a passare il folletto o a correggere compiti.
Puntualmente, ogni due-tre settimane, scocca l'ora del diktat.
Che poi da sistemare non c'è niente: due mensole in croce con dei barattoli di latta sopra, una vecchia bici sgonfia in lenta ma inesorabile ossidazione, i vuoti che attendono l'imbottigliamento stagionale, una ruota di scorta appesa sulla parete in fondo.
Un presepe di gomma, ferro, legno e vetro che non ha bisogno di alcun repulisti.
È quasi bello così com'è: arte povera, natura morta, il sonno degli elementi.
Ma l'ordine è perentorio e non ammette repliche.
Puntualmente allora, ogni due-tre settimane, io scendo, vado al bar, mi faccio una birretta e dopo mezzora risalgo (non prima di essermi sporcato le mani quanto basta per lasciar supporre uno sbattimento immane).
L'ultima volta, però, deve aver capito qualcosa.
"Fatto?". "Fatto!". "Bene, adesso vai a dar da mangiare all'unicorno".

venerdì 15 maggio 2015

Carpe diem

E poi un giorno smetti di vederli come nomi su un registro e li scopri adolescenti fragili.
Paure e insicurezze negate, nascoste, camuffate, comunque trattenute a stento anche dal più sborone di loro: "Sembro una mongolfiera", "Sono un'acciughina", "Guarda che braccia lunghe mi ritrovo", "Guarda che gambe corte che ho", "Perché Dio mi ha fatto gli occhi da rana?"... Sembra di sentirli autoflagellarsi in testa mentre all'esterno fingono sicumera. A volte basta un nonnulla per farli crollare emotivamente e non sai mai bene come comportarti di fronte a emergenze del genere.
Allora decidi di prevenire e quel giorno racconti di quando avevi la loro stessa età e di come il tuo naso passò nel volgere di una nottata dai tratti delicati dell'infanzia a quelli pachidermici dell'adolescenza. E racconti le giornate trascorse nel bagno di casa ad angolare lo specchio nell'illusione che la prospettiva degli altri fosse diversa dalla tua, che solo a te appariva quella proboscide impiantata in faccia da un dio malevolo e dispettoso. E racconti le notti passate in pose da contorsionista perché il pollice non si staccasse un attimo dalla punta del naso sollevata all'insù nella vana speranza di risvegliarti al mattino con un profilo francese.
E infine racconti della lenta e faticosa accettazione di te, dei tuoi difetti e di quanto tutto ciò ti abbia a lungo andare arricchito e reso più forte. Quindi ti zittisci e proietti loro uno sguardo solidale, di chi ci è già passato, di chi non è alieno alle loro sofferenze.
Silenzio... Commozione? Empatia? Abbattimento delle porte spazio-temporali e azzeramento di ruoli ed età?
No, solo la quiete che precede la tempesta di sfottò: "prof. Nasone", "Occhio che ci bacchetta col naso!", "Prof, può guardare altrove ché mi fa ombra?", "Elephant prof".
Da qualche giorno ho ricominciato a dormire con la punta del naso all'insù.

giovedì 7 maggio 2015

Col clacson!

È uno di quei rari momenti in cui decidi di concedere del credito al resto dell'umanità.
Lo fai al mattino, quando tutto sta per ricominciare.
Un nuovo inizio, un inizio diverso.
Rinunci magnanimamente al tuo sacrosanto diritto di precedenza, pigi sul freno a mo' di inchino ottocentesco e lasci che un emerito sconosciuto riesca finalmente a bucare il traffico e a immettersi nell'incrocio che altrimenti l'avrebbe visto per minuti interminabili in interminabile attesa.
Lo fai così, scegli uno qualsiasi dell'anonima comunità che ti circonda, forse memore della massima biblica "Fai agli altri quello che vorresti venisse fatto a te" (o qualcosa del genere).
Accetti anche che quelli dietro di te - li scruti nello specchietto - ti inveiscano contro per quella concessione imprevista e gratuita.
Loro hanno fretta, loro non hanno tempo da perdere, loro non sono capaci di un simile gesto.
Tu sì, quel giorno sì: un'inaspettata voglia di fare pace col mondo e svestire per una volta i panni della rancorosa vittima di invisibili complotti altrui.
Una chance per gli altri e per te stesso.
Ma poi quello passa e non accenna neanche con la mano a un seppur timido ringraziamento.
E allora è l'inferno: passi il rimanente tragitto a sgranare un rosario di parolacce, trascorri la giornata sul lavoro a rivalerti su poveri innocenti e non vedi l'ora di riprendere la macchina a sera per accelerare all'ultimo istante appena uno, uno qualsiasi, crede ingenuamente di aver letto nel tuo sorriso la possibilità di immettersi nell'incrocio. Col clacson!

sabato 2 maggio 2015

Trucchi del mestiere

All'improvviso, quando meno te lo aspetti, nel bel mezzo di una spiegazione infervorata, quando credi di averli ipnotizzati come il pifferaio di Hamelin, arriva la domanda a cui non sai rispondere (c'è sempre una domanda a cui non sai rispondere).
La prima volta ti sei messo a nudo, hai deciso di ammettere sin da subito le tue debolezze di uomo vestito da professore, li hai guardati negli occhi da adulto fatto ad adulti in potenza e l'hai buttata sul filosofico: "Cos'è la verità, ragazzi? Io, adesso, potrei anche rispondervi. Ma cos'è la verità...?".
Reazione prima ancora di finire la frase: "Ok prof... Non lo sa".
Da allora, per preservare un barlume di credibilità, gioco alternativamente le seguenti carte:
- finto risentito: "Se fossi stato attento, adesso lo sapresti";
- vecchio scorbutico: "Mi hai preso per un jukebox?";
- oggetto d'antiquariato sul viale del tramonto: "Visto che passate le giornate intere a zigoviaggiare su internet, cercatevela da voi la risposta in quel pozzo di nozioni approssimate che è il web. Tanto noi non serviamo più a nulla, tanto noi...";
- maestro jedi: "Io non sono qua per sciogliere i tuoi dubbi. Io sono qua per insegnarti a sciogliere i tuoi dubbi";
- offeso isterico: "Questa è una provocazione bell'e buona! Bene, dividete i banchi e prendete un foglio. Ora!";
- premuroso mentore: "Mostrami di aver imparato a sfogliare il libro, vai all'indice e sii un bravo ricercatore scovando da te ciò che t'attanaglia";
- disinvolto arrampicatore di vetri: "Quello che mi chiedi è un dettaglio, l'importante è che tu abbia capito il quadro d'insieme" (al che devi sempre sperare di non trovarti di fronte quello capace di replicare: "Ma il quadro d'insieme è dato dalla somma dei dettagli!");
- esperto temporeggiatore in attesa del suono della campanella: "Tu mi chiedi in che giorno i giapponesi hanno attaccato Pearl Harbor. Vedi, se anzitutto i dinosauri non si fossero estinti...";
- monaco tibetano: "La risposta è dentro di te".