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giovedì 30 aprile 2015

Necessaire

Necessaire da viaggio per gita fuori-porta di una notte con gli amici prima di conoscere lei: logoro zainetto Invicta della capienza di 18 litri 14 dei quali a perdere perché 4 bastavano e avanzavano a contenere due calzini di ricambio (spesso spaiati), una mutanda réversible (che scritto in francese fa meno fessone), canottiera già spadellata facente le veci anche di pigiama notturno, beauty essenziale (tanto tra soci ci si passava le cose), un pacchetto di crackers per la fame fuori orario, un libro, walkman sony e inseparabili audiocassette, due preservativi due ché non si sapeva mai (e infatti non si sapeva mai: sono ancora lì, come trilobiti fossili a imperitura memoria delle occasioni perdute). Tutto il resto nelle 4 tasche dei jeans (perfettamente reperibile nel seguente ordine da tergo a davanti): documenti, portafoglio, fazzoletto, portaocchiali con doppiofondo di caramelle alla liquirizia salva-pressione post-sbornia.
Necessaire da viaggio per gita fuori-porta di una notte con lei dopo aver conosciuto lei: logoro zainetto Invicta (unica sua magnanima concessione in ricordo dei tempi andati) della capienza di 18 litri appena appena sufficienti a contenere il beauty di lei (un concentrato di prodotti per l'igiene e l'imbellettamento che neanche la Fiera della Cosmesi di Vichy). Tutto il resto (vestiti, libri, aggeggi elettronici, varie ed eventuali) nel megatrolley da tre settimane caraibiche (così ce l'avevano venduto) con annessa lamentela per lo spazio sottrattole nello stretto vano laterale. Quanto basta per ospitare le mie cose: due calzini di ricambio (spesso spaiati), una mutanda...

domenica 26 aprile 2015

E io ne so il motivo

Tra gli innumerevoli disagi derivanti dall'abitare nella zona dove si volge il mercato settimanale (ricordarsi di spostare la macchina la sera prima, essere svegliati da furgoncini che sterzano in 28 manovre e ambulanti che berciano in 16 idiomi, parcheggiare a slalom al rientro tra cassette di frutta rancida e carcasse di angurie, inalare per il resto della giornata miasmi di pesce e tanfate di fritto), c'è un indubbio vantaggio che surclassa gli inconvenienti di cui sopra.
Mezzora di dormiveglia tra l'allestimento delle bancarelle e il momento della vera e propria levata durante il quale mi ronzano nelle orecchie le chiacchiere tra venditori in attesa dei primi avventori.
E' in quella mezzora di confidenze tra gente del mestiere che carpisco segreti sull'andamento dei prezzi che gli altri clienti non sanno: i nuovi limiti di legge per la pesca a strascico delle sardine, la penuria di mele della Val di Non a causa dell'invasione della mosca andalusa, le a dir poco rocambolesche fluttuazioni di mercato dei tanga di pizzo indossati dalla starlette di turno e poi ripudiati.
Un tesoro di informazioni che, quando mezz'ora dopo mi dirigo a piedi alla macchina passando tra le due ali di merci esposte, mi fa sostenere le avide occhiate dei commercianti adulatori come dire loro: "Io so. Sappiate che io so".
Loro intuiscono e non ci provano nemmeno.
Solo il pesce spada regge lo sguardo: fisso, vitreo, fiero (e io ne so il motivo).

sabato 18 aprile 2015

Teneri agguati

Può strapparvi al sonno nel cuore della notte, sovrapporsi alle battute decisive del film che volevate guardare da tanto, farvi sbandare al volante mentre siete concentrati nella guida, oltrepassare la porta in vetro della doccia e raggiungervi fin sotto lo sbruffino.
Per quanto cerchiate di esorcizzarla, già prevedete che tornerà vigliaccamente a interrompere un vostro momento di relax: non prima, non dopo, ma durante.
Durante il gol decisivo del derby, durante la lettura del giornale, durante un calice sorseggiato in silenzio, durante la pennichella pomeridiana, durante una qualsiasi parentesi di puro e sano cazzeggio dal logorio settimanale.
Puntuale a interrompere l'idillio giunge estemporanea la richiesta dell'abbraccino da parte di lei (non di un normale abbraccio bensì di un semplice "abbraccino", quasi a voler svilire con un diminutivo quella che invece è una vera e propria ingiunzione di affetto).
Voi non avete simili bisogni, loro sì.
Voi siete maschi, voi sapete che la relazione è fatta anche di un placido far niente, voi non necessitate di conferme emotive.
Al massimo, mentre siete spaparanzati sul divano, vi scappa: "Amore?".
"Sìììììììì?".
"Mi daresti...".
"Sìììììììì?".
"Mi daresti la birra fresca che c'è in frigo?".

venerdì 10 aprile 2015

Shampoo'n roll

Ormai è diventato un gioco tra me e Irene.
Finita la doccia e asciugati i capelli, lei prova a indovinare quale tipo di musica abbia fatto da sottofondo al mio appuntamento con l'igiene (e c'azzecca sempre!).
Tutto nasce dal fatto che, se è proverbiale "cantare sotto la doccia", per me lo è anche agitare le mani sulle note della stazione-radio scelta a caso con un giro-roulette della manopola un attimo prima di finire sotto lo sbruffino. Mani che un attimo dopo si lasciano possedere dal pezzo in onda e shampano a ritmo la zazzera determinandone forma e voluminosità.
Capita così che, terminate le operazioni di rito (sfregamento compulsivo del cuoio capelluto, insalviettamento tipo Wanda Osiris, ingellamento stile Grease e asciugamento by phone), non faccio in tempo a raggiungere Irene in cucina che subito lei: "Rock!" (ciuffo tirabaci alla Elvis), "Jazz!" (capelli arruffati da jam session), "Blues!" (acconciatura malinconica), "Radio Maria!" (caschetto da cresimando) e così via fino al bulbo tamarrato passando per il cotonato alla Nilla Pizzi.
Il problema è quando tra prima e seconda passata cambia il pezzo e soprattutto il genere: i capelli restano in un limbo indefinito che mette alla prova le capacità divinatorie di Irene.
Ma l'altra sera mi ha stupito: "Mazurka-Punk!".

(Ci siamo immaginati Raul Casadei frontman strafatto dei Sex Pistols, ci abbiamo riso sopra, abbiamo smesso all'improvviso, ci siamo eccitati parecchio).

mercoledì 8 aprile 2015

L'appostamento

L'appostamento è tutto.
Anche senza aver letto "L'arte della guerra" di Sun Tzu, un buon professore da gita sa che la giusta posizione nel corridoio è quella che bloccherà sul nascere ogni tentativo di evasione notturna da parte degli studenti.
Deve essere una posizione strategica che tenga d'occhio senza però essere tenuto d'occhio (imparagonabile la soddisfazione del ghigno spento sulla faccia dell'adolescente furtivo nel momento in cui, aperto silenziosamente l'uscio e messo un piede fuori dalla porta, vi scorge all'improvviso nell'angolo più impensabile del passaggio).
Ecco perché la prima mezzora del primo giorno in hotel, mentre gli altri sono impegnati a sistemarsi comodamente in stanza, il buon professore da gita studierà con passo felpato ogni singolo dettaglio (lunghezza e ramificazione del corridoio, distribuzione delle camere, illuminazione e punti di buio, grate di aerazione, collocazione degli estintori eventualmente spruzzati per coprire fughe disperate, etc.) di quello che col calare della notte diventerà lo scenario di un'estenuante partita a scacchi.
Un buon professore da gita, inoltre, con gli anni si è dotato di un corredo composto almeno da tre pigiami (tutti messi rigorosamente nel borsone) in tinta mimetica con le altrettante tipologie di arredamento interno degli alberghi: quello a esagoni rossi e gialli stile moquette di Shining, quello a losanghe ocra slavato en pendant con la carta da parati retrò, quello di flanella verde lucertola che rende simbiotici con la tappezzeria.
Unici nemici il passare delle ore e la soverchiante stanchezza allorché l'udito si ovatta e la vista si appanna, non abbastanza però da stroncare l'ultimo sgattaiolamento, quello delle 6.35, quando un povero turista giapponese abbassa il capo e non osa replicare al vostro assonnato ma ancora imperioso: "E tu dove pensi di andare?".

giovedì 2 aprile 2015

Specie gitanti

La fauna adolescenziale di ogni viaggio in pullman in occasione delle gite è pressoché invariabile.
Essa, a prescindere dalla meta e dalla durata della traversata, si compone infatti delle seguenti specie: 
- i vomitini della prima fila: tanto briosi al momento di congedarsi dai genitori quanto improvvisamente pallidi-catatonici dopo aver posato il piede sul bus (si ripiglieranno una volta giunti a destinazione e cominceranno a rompere quanto e più degli altri, a meno di insinuare loro: "Lo sapete che prima o poi risaliremo sul pullman, vero?");
- gli scocciatori delle file immediatamente successive alla prima: "Profe, quel castello che si vede laggiù cos'è? Qua dove siamo? Come si chiama questa montagna? Quel corso d'acqua ha un nome?" (si zittiscono solo quando in risposta ricevono un severo "Allora vuol dire che non hai studiato!"; temo però abbiano cominciato a mangiare la foglia);
- i cani sciolti delle file centrali: sguardo perso fuori dal finestrino, felpa dei Nirvana, cappuccio abbassato a coprire per metà gli occhi, auricolari inamovibili e tanta voglia di mandare affanculo tutto e tutti;
- gli incontinenti dei sedili vicini al portellone posteriore: i primi a lanciarsi al bagno dell'autogrill appena si fa sosta, quindi a fiondarsi al bar per tracannare una gazzosa in 7 secondi netti e infine ad avere nuovamente bisogno del bagno cento metri dopo essere ripartiti;
- i pomicioni della seconda metà del pullman: riconoscibili all'esterno dai vetri appannati e all'interno dalle nuche cui assocerete una faccia solo al ritorno quando implacabili papà (di lei) oseranno dividere con un rude strattone ciò che la gita aveva indissolubilmente unito;
- gli amiconi del tavolino: corsa ad accaparrassi i posti, briscole, goliardia e sfrenati progetti notturni destinati a infrangersi contro l'inamovibilità del prof in pigiama fuori dalla porta della camera;
- i casinari dell'ultima fila: calzini penzolanti ai piedi e scarpe decollate chissà dove, tendine tirate, musica (!?!) a palla, 'figa' e 'cazzo' ogni due per tre, briciole di Pringles frantumate sui tappetini e orsetti gommosi Haribo sparsi ovunque (loro non lo sanno, ma è ciò che li rende perennemente rintracciabili e sgamabili).