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martedì 30 giugno 2015

Grand jetè

Se dovete prendere delle piastrelle, sceglietele chiare e non chiazzate come quelle della mia anticamera.
Le macchie scure sul pavimento, belle e caleidoscopiche alla luce del sole, potrebbero assumere i contorni delle peggiori creature partorite da una mente traumatizzata nella penombra delle 4 del mattino. 
Come ogni uomo declinante verso i 40, nel cuore delle tenebre mi alzo e vado in bagno. Soprattutto d’estate.
Opzione “interruttore luce” scartata per non svegliare la coinquilina (il precedente vi fa preferire alla reazione di lei le peggiori creature partorite da una mente traumatizzata).
È a quel punto che scatta il terrore: si tratta di nerastre sfumature marmoree o sono obbrobriosi bagarozzi quelli acquattati sulle mattonelle?
Che poi non è tanto schifìo dei bagarozzi in quanto tali.
Ciò che mi terrorizza è il crack del carapace sotto la nuda pianta del piede.
Il trauma risale a quella volta che in colonia mi fiondai per primo in doccia e atterrai su una distesa brulicante di scarafaggi friabili e croccanti.
Da allora, se il bisogno fisiologico lo impone, mi alzo, vado in bagno e mi muovo sulle fredde piastrelle come Roberto Bolle sulle assi della Scala.
Da ragazzo ha un non so che di stoico-scenografico, da adulto di impacciato-fantozzico.
In punta di piedi, pur di evitare l’indecifrabile sotto di me, saltello, volteggio e infine plano con un grand jetè sulla tazza del cesso.
Applauso di zampette, sciacquone, sipario.

mercoledì 24 giugno 2015

Gli eroi son tutti giovani e bulli

In una giornata che, al pari di quelle che l'hanno preceduta, si preannuncia scandita da momenti ripetitivi e compromessi indigesti, è importante porre subito in essere quel piccolo gesto sovversivo che faccia sentire ancora giovani e vivi. 
Un atto puerile sufficiente però a sentirsi non ancora omologati agli automatismi dell'età adulta.
Il mio piccolo gesto sovversivo ha per scenario ogni mattina una rotonda che dalle viuzze interne del paese immette nello stradone direzione Treviglio.
Di per sé, per come è stata progettata, la via che sfocia nella rotonda impedisce di svoltare a sinistra verso lo stradone. Anche se solo per pochi centimetri d'asfalto, la via impone di girare a destra per una cinquantina di metri, quindi di circumnavigare un minuscolo rondò e di tornare poi indietro per quella stessa cinquantina di metri che infine confluisce sulla carreggiata per Treviglio.
Praticamente 100 scomodi metri e una trentina di preziosi secondi in più rispetto a ciò che il ribellismo scalpitante suggerirebbe in barba al conformismo imposto dalle leggi.
Ed è allora che si risveglia l'anarco-insurrezionalista che c'è in me: una rapida occhiata allo specchietto retrovisore e a quelli laterali, il segnalatore della freccia beatamente ignorato perché "la rivoluzione non è un pranzo di gala" e accelerata-rombata-sgommata a sinistra stile Fast&Furious con ghigno da stronzetto "Non mi avrete mai".
Non basta il tempo del viaggio a smaltire una botta d'euforia che si diluirà ora dopo ora nella melassa della monotonia quotidiana.
Ieri, per poco, non andavo in overdose da adrenalina: arrivato a Treviglio, ho parcheggiato appena appena fuori le righe.
Yeaaaaaaaaaaaaaaaah!

lunedì 22 giugno 2015

Diciottesimo: non disturbare il sonno d'altri!

Tra le più temute notti dell'anno c'è il Diciottesimo.
Occhi sbarrati e ore piccole.
Ma non per chi festeggia coi coscritti il raggiungimento della maggiore età.
Occhi sbarrati e ore piccole per chi vive nel proprio appartamentino sopra la piazza.
Di solito programmato in giugno, l'evento si concretizza un tardo sabato pomeriggio quando frotte di sbarbatelli e pischelle seduti ai giardinetti attendono il pullman che li traghetterà per minimo dieci ore nei gironi del discoinferno.
Pittati in faccia dalla truccatrice di Twilight e agghindati come pavoni da combattimento, i nostri regalano già in termini di schiamazzi un anticipo di ciò che qualche ora più tardi sarà amplificato dal silenzio dell'alba.
Giusto l'illusione di un sonno indisturbato e puntuale, verso le 5 antimeridiane, si spalanca il portellone del pullman consegnando all'esterno l'eco degli ultimi cori biascicati: "Se facciamo l'incidente muore solo il conducente, se facciamo l'incidente...".
Quindi, a interrompere il coro e a zittire gli usignoli, un rutto ancestrale di quando la Terra era popolata solo dai dinosauri.
Deve essere il maschio alpha, quello che nella nottata di bagordi si è imposto sul branco a furia di suoni gutturali e scoregge.
Allora ti alzi, sposti appena le listarelle della persiana per vedere in faccia l'essere immondo e vedi... lei, l'insospettabile, quella nota in paese per babysitterare gli infanti e suonare la chitarra alla messa domenicale.
È lei a guidare la pattuglia di zombie ora barcollanti giù dal pullman in attesa di un nuovo ordine.
È lei a incrociare per un millisecondo i tuoi occhi e a respingerti in branda al suono esorcistico di "'zzo c'hai da guardare, matùsa?".
Poche ore dopo sarà ai piedi dell'altare a strimpellare "Noi veniamo sobri a te, Signor!".

giovedì 18 giugno 2015

La notte prima

L'ultimo giorno di scuola ho chiesto a un mio ex studente ora in Quinta come stesse andando la preparazione della Maturità.
"Sono teso come un filo dell'alta tensione".
"Immagino, è normale: tutte le materie, i commissari esterni... Ci mancava poi il caldo torrido di questi giorni che innervosisce ancora di più".
"No prof, niente di tutto questo".
"E cosa allora?".
"Sono teso per la notte prima degli esami".
"Ho compreso ciò a cui ti riferisci. È trascorso del tempo ma ne conservo memoria come fosse ieri: ansia, Oddio non mi ricordo niente, tachicardia, insonnia, camomille, lenzuola sudate, le bombe delle sei che non fanno male...".
"No prof, niente di tutto questo".
"Scusa?".
"Si vede che è da un po' che è fuori dal mondo della scuola... Dall'altra parte della cattedra intendo".
"Ti prego, spiegami".
"In questi anni si è creata una gigantesca aspettativa sulla notte prima degli esami. Saranno stati i film, le canzoni o non so cosa, fatto sta che è considerato da ultra-mega-sfigati non passare in modo originale la notte prima degli esami".
"Cioè?".
"Cioè non lo so, profe. Cioè fare qualcosa che renda quella notte mitica, unica, indimenticabile".
"E gli esami?".
"Chissenefrega degli esami, profe! Sono teso perché non so ancora cosa fare la notte prima degli esami. Credo che non dormirò la notte prima della notte prima degli esami".

domenica 14 giugno 2015

Lilly

"Guarda come trema di dispiacere perché i suoi padroni stanno per partire".
I miei suoceri non hanno ancora capito, a distanza di anni, che Lilly non trema perché ha intuito con infallibile fiuto canino che i padroni stanno per partire e già ne avverte l'inconsolabile mancanza.
Lilly trema perché sa che di lì a due ore, una volta decollati i padroni per l'annuale vacanza di una settimana, resterà sola con me per sette interminabili giorni. 
E quando dico sola, intendo davvero sola: neanche Irene, in viaggio con i suoi, a farle da complice in una mitologica alleanza al femminile contro il maschio burbero e anaffettivo.
Solo io e Lilly.
O meglio, solo io e quando mi ricordo di Lilly.
Le quotidiane crocchette quattro stelle Michelin della suocera sostituite dai rimasugli dell'insalata del kebab caduta per terra e impiastricciata quanto basta di yogurt bianco e salsa piccante.
La ciotola perennemente riempita d'acqua soppiantata dai rivoli stagnanti nei sottovasi delle fioriere.
Le affettuose coccole della sera rimpiazzate dalle ruvide carezze dei miei talloni mentre guardo la televisione in modalità scazzata e spaparanzata.
La paterna protezione del suocero da quei cagnacci in calore del parchetto pubblico supplita dal mio giretto svogliato (purché non caghi in casa) condito di ingroppamenti plurimi mentro io mi fermo a parlare distrattamente col primo che passa.
Poi, scaduta la settimana, i miei suoceri tornano, mi abbracciano, mi ringraziano e subito rivolgono parole d'affetto alla loro cagnolina che fulminea si divincola e corre loro incontro: "Guarda come trema di felicità perché i suoi padroni sono tornati".

domenica 7 giugno 2015

Dott. Stranamore

Da un paio di settimane, complice il bel tempo, si fermano ai muretti sotto casa un paio di ragazzi, presumo a orecchio sui sedici anni, a parlare dei fatti loro che a quel punto diventano anche fatti miei.
Questo perché i due arrivano in piazza immancabilmente verso mezzanotte, ora in cui io vado a nanna, e mi fanno compagnia con le loro chiacchiere almeno per mezz'oretta, tempo di crollare nel sonno più ovattato.
Potrei leggere e farmi i cazzi miei, ma da un lato il loro borbottio mi deconcentra, dall'altro non vedo perché leggere la vita romanzata quando puoi ascoltare la vita raccontata.
E allora, pur non avendoli mai visti, posso dire di sapere abbastanza di loro: i nomi naturalmente, le voci, gli intercalari e i modi di dire, ma anche gli aneddoti, le sparate, i discorsi sui massimi sistemi, le confidenze.
In particolare uno dei due racconta ogni sera, in modalità loop, della cotta che s'è preso per una "tipella" del paese e giù racconto particolareggiato di come è fatta, cosa è bella e quanto è in gamba.
Fatto sta che l'altro ieri, sceso dalla macchina, incrocio per strada una ragazza nei tratti e nei modi spiccicata alla descrizione sentita per tante sere.
Allora, senza filtro, passandole a fianco quasi senza guardarla, le dico: "Guarda che piaci a Tizio".
Ieri sera, ai muretti in piazza, non ho sentito più i due amici, ma Tizio in compagnia della ragazza a cui avevo rivolto quasi per gioco la parola.
Dopo un'iniziale logorrea di entrambi, quasi a voler vincere la timidezza con le parole, è seguito un improvviso e prolungato silenzio.
Allora ho preso il libro dal comodino e ho ricominciato a leggere.