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sabato 31 marzo 2018

Ciao Signore!

Federico chiama il nostro anziano dirimpettaio di pianerottolo ‘signore’ (più precisamente ‘signole’).
Un po’ per il nome troppo lungo e difficile da pronunciare (Ermenegildo), un po’ perché gliel’abbiamo inculcato noi come forma di educazione e rispetto (“Fede, saluta il signore”, “Guarda cosa ti regala il signore”, “Di’ grazie al signore”).
Fatto sta che Fede l’ha preso in simpatia: “Ciao signole!”, “Giochi con me signole?”, “Bimbo e signole amici”.
Ieri pomeriggio, Venerdì Santo, allo scoccare insolito delle campane Fede ha guardato me e la mamma e ha chiesto “Pecché?”.
Al che ho candidamente risposto: “È appena morto il Signore”.
Fede è scoppiato a piangere che neanche a spiegargli cosa intendessi esattamente si calmava (il ragazzo, d’altronde, non è molto ferrato in teologia).
Un fiume in piena, un singhiozzare ininterrotto, lacrimoni da diluvio universale.
A un certo punto son dovuto andare dal vicino, svegliarlo dalla penichella e trascinarlo sdentato e mezzo-pigiamato davanti a Fede, che si è messo a gioire manco avesse visto cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare.
Buona Pasqua.

lunedì 26 marzo 2018

Jurassic Pork

Presente in Jurassic Park la scena del velociraptor che riesce a girare la maniglia rendendo perciò vano ogni tentativo di fuga?
Sapevo che Fede aveva il pollice opponibile.
L'avevo notato da quando, fresco di nascita, aveva stretto la sua mano intorno al mio pollice.
Solo m'illudevo scoprisse piano piano le potenzialità del ditone e non in maniera così rapida.
Invece ha già imparato a far leva sui pomelli, aprire le porte e raggiungerci nei posti più riposti: bagno, balcone, box doccia, interno dell'armadio, retro del frigorifero, sgabuzzino.
Quelle zone insomma off limits in cui per qualche minuto tiravamo il fiato.
O lo acceleravamo...

mercoledì 21 marzo 2018

'Guli!

Stamattina, Festa del Papà, mi sono illuso.
Appena sveglio ho dato un bacio sulla fronte a Federico credendo dormisse ancora.
Tempo di volgere le spalle al lettino e mi è parso di sentire una vocina salutarmi: “Papi... 'guli!”
Poi di nuovo silenzio e il respiro di chi è ripiombato nel sonno.
Sono andato in cucina col sorriso ebete in faccia e ho riferito a Irene l’inatteso augurio.
Irene mi ha spiegato che da un paio di giorni il bimbo più grande del nido ha insegnato ai più piccoli a rispondere “T’inculi!”
Io preferisco credere alla mia di versione.
Anche perché è tutto il giorno che mi guarda e dice: “'guli!”, “'guli!”, “'guli!”

venerdì 16 marzo 2018

ASCENSOREEE!

Ho un problema con l’ascensore.
Anzi è l'ascensore ad avere un problema con me.
Mai, giuro, mai, ci troviamo allo stesso piano: se io sto in basso lui si trova in alto, se io sto in alto lui si trova in basso.
A memoria è capitato una volta all’inizio, appena trasferiti, di ritrovarci subito.
Il caso o una specie di benvenuto, poi nulla più.
E questo significa aspettare, appoggiare le borse, liberare Federico dalla presa, rincorrerlo, placcare Federico, riprendere le borse, inciampare, imprecare...
So che è una gran comodità di cui si può fare anche a meno ma quando sei stanco la sera e vorresti catapultarti in casa o quando sei carico di cianfrusaglie da portare in garage spereresti solo nella complicità dell’ascensore.
E invece niente.
Ipotesi per cui l’ascensore ha un problema con me:
- sfiga, pura sfiga, semplicemente sfiga;
- figa, pura figa, semplicemente figa (se è Irene a schiacciare il bottone, magicabula le porte si aprono subito);
- una vendetta dell’ascensore per le puzzette dall’an fuggite (vaglielo a spiegare che c’entra Irene e non il sottoscritto);
- un divertimento della società responsabile dell’impianto che da una segreta stanza dei bottoni controlla tutti gli ascensori che ha installato in Italia e nel mondo (una specie di Grande Fratello dei montacarichi);
- un dispetto dell’odioso bimbo dei vicini che mi tiene d’occhio dalla finestra quando rincaso e corre per le scale a spostarmi l’ascensore (questo spiegherebbe il ritorno a casa, ma quando esco al mattino...? Temo una complicità di Federico che da sotto le lenzuola avvisa con il walkie-talkie l’amichetto);
- a proposito di Federico: un riflesso incondizionato dell’ascensore che non ne può più di saltelli, pigiate ripetute e insistite del tasto giallo di emergenza, oggetti lanciati nella sottile striscia di vuoto pneumatico che separa la cabina dal pianerottolo (là sotto ci sta un regno magico di chiavi e giocattoli);
- ancora a proposito di Federico (e del sottoscritto): una ripicca esasperata dell’ascensore per tutte le volte che io e il piccolo facciamo questo giochetto: “Fede, dai che chiamiamo l’ascensore! Pronto? Uno, due ,tre: “Ascensoreee! Ascensoreee! ASCENSOREEEEEEEEEEEEEEE!”.

martedì 13 marzo 2018

Neve

"Oooh, guadda cielo... Papi, cogg'è?"
"È la forfora degli angeli"
"Alloa, papi, tu cei un angelo?"

Devo cambiare shampoo.

mercoledì 7 marzo 2018

La paura del buio

Il buio ha paura di Fede.
Non il contrario.
Avvolto nell'oscurità, Fede si sente libero di fare ciò che vuole: lancia, urla, corre, imbratta, cambia disposizione dei mobili, gira le pagine del calendario, stacca i pomelli del gas (e per fortuna non ha ancora imparato a strofinare i fiammiferi).
Non che non lo faccia alla luce del sole, ma con più pudore visti gli occhi addosso.
Il buio gli dà la copertura per poi poter fare spallucce e dire: "No tato io".
Il buio ha paura di quella creatura tenebrosa che è Fede nel momento in cui le luci si spengono.
Per queste ragioni, la sera, dobbiamo tenere la lampada accesa fino a quando Fede si è addormentato.
Solo allora il buio si tranquillizza e comincia a fare il proprio mestiere.
Fino ad allora no: ha bisogno anche solo di un barlume, contraddicendo se stesso e impedendo a noi "grandi" di dormire.
Per lo stesso motivo, se usciamo di casa, dobbiamo comunque tenere una lampadina accesa perché il buio esorcizzi le razzie del piccolo unno.
Che poi Fede viene via con noi, ma vaglielo a spiegare al buio: le paure son cose difficili da razionalizzare.

domenica 4 marzo 2018

In finito

Oggi pomeriggio capatina in università a Milano.
Un po’ per nostalgia un po’ per tenermi aggiornato.
Parecchio che non ci andavo.
Credevo, causa età, barba e borsa seriosa, che qualche studente potesse scambiarmi per un docente universitario (quantomeno un assistente): mi vedevo già pontificare ad minchiam con aura professorale.
“Scusa, hai del fumo?” è stata invece la prima frase che mi hanno rivolto (neanche il Lei: “Perdoni, tiene della resina psicotropa?”... Ah, dove andremo a finire...)
E poi all’improvviso: le bacheche infarcite di slogan e iniziative dei movimenti politici studenteschi di ogni colore e tendenza.
E il sorriso per il candore di quelle ingenue perorazioni (tranne quelle fasciste: quelle mi facevano cagare già allora).
E i marxisti-leninisti a fermarmi per convincermi della rivoluzione imminente e io che replico: “Sei lo stesso che me lo prometteva vent’anni fa”.
E la burocrazia, i corridoi stretti e sudati, le attese, la latitanza di chi ha confermato l’appuntamento per quel giorno in quel luogo a quell’ora ma un post-it di sghimbescio sulla porta attaccato all’ultimo minuto recita “Oggi niente ricevimento”.
E la fila, mai vista così tanta fila.
Non mi ricordo file del genere a fine anni ’90 (anche perché all’epoca stavo dietro più a Lenin che ai leggings... maledetti marxisti-leninisti!).
E in lontananza la sagoma di colei che un tempo mi aveva smosso il sentimento e il timore di dichiararmi e le tante occasioni perse e l'aver imboccato a un certo punto strade diverse e non essersi visti più.
Miraggio? Realtà? Fato? Fantasmi che ritornano? Opportunità che si ripresentano?
Il passato è passato.
E mi sovvien Piperno (docente di Storia Contemporanea), e le morte lezioni, e la presente e viva, e il suon di Lei.