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mercoledì 28 febbraio 2018

Li avessi usati allora

Risposte venutemi in mente dopo essermi girato in farmacia a Treviglio con una scatola di preservativi in mano ed essermi trovato faccia a faccia con uno studente di Seconda Liceo:
- arrampicata sui vetri: “Servono alla collega di Scienze per un esperimento sulle proprietà… sulle proprietà… sulle proprietà catarifrangenti del lattice”;
- banale-consumistica da ipermercato: "Erano in offerta" (e per la stessa ragione afferrare una peretta da clistere in esposizione sul bancone);
- autogolllesca: "Li danno in omaggio ogni 10 confezioni di Viagra";
- furbo-altruistica: "È come il caffè a Napoli: ne lasci pagato uno per il cliente successivo. Tieni";
- farsa-altruistica: "Non sono per me... Ma per lui!" (rifilandoli in mano all'ottantenne artritico in fila);
- ironico-quasi realistica: "Non mi facevi sessualmente attivo, eh?";
- complice-autocommiserativa: "C'è scritto 'effetto ritardante'... Sperèm";
- farfugliato-ambigua: "Non sono per me, sono per la mia compagna";
- paternalistico-filosofica: "Un giorno capirai";
- paternalistico-figosofica: "Un giorno scoperai";
- montata (in ogni senso): "Domani tocca comprarne altri";
- minatoria per la serie 'Lo dico a mammà': "Zitto che sei qui per lo stesso motivo";
- a proposito di mammà: "Li avessi usati 15 anni fa, ora non saresti qui".
Risposta detta dopo essermi girato in farmacia a Treviglio con una scatola di preservativi in mano ed essermi trovato faccia a faccia con uno studente di Seconda Liceo:
"Ok, puoi non studiare per il resto dell’anno".

venerdì 23 febbraio 2018

AGHJHJLETYUIUYOSDG

A casa da solo con Fede, devo precipitarmi in bagno (maledetto virus gastrointestinale) e tenere al contempo di là la creatura al sicuro e occupata.
Lo piazzo davanti al frigo dove ci stanno le letterine magnetiche e gli dico accelerato come nei secondi finali della pubblicità delle medecine: "PapiOraSiNascondeTuScriviUnaCosaPapiTorna".
Le letterine sono tutte sparse, alcune irraggiungibili, volutamente irraggiungibili: ci dovrebbe mettere un po' a tirare insieme una parola, foss'anche solo 'bau'.
Corro, espleto e mi riprecipito.
E trovo qualcosa a metà tra dislessia e arte, che poi il poeta ebbe a definir "la dislessia dell'anima".
Tutto torna.
Anche il virus.

lunedì 19 febbraio 2018

Sensibilità

Federico ha cominciato a esternare le proprie emozioni.
Prima non lo faceva.
Non è che tenesse tutto dentro, semplicemente non sapeva gestire gli stati d'animo.
Di fronte a un cartone animato ora ride con gusto o si commuove per una scena triste.
La notte scorsa l'ho sentito ad esempio singhiozzare, un lungo singulto ininterrotto.
Irene russava profondamente e non si è accorta di nulla.
Mi ha fatto tenerezza (Fede, non Irene): un sogno? Un ricordo? Una frustrazione covata? Uno sfogo naturale?
Fatto sta che ho preferito non svegliarlo e lasciare che i sentimenti viaggiassero in autonomia.
"È giusto che impari a regolarsi, a essere responsabile dei propri umori, a saperli gestire" mi sono detto rigirandomi dall'altra parte.
Solo al mattino mi sono accorto che la sera prima, chiudendogli il bodino, avevo chiuso tra i bottoncini un lembo di pelle.

giovedì 15 febbraio 2018

Marchiatura

Festa comple bimbi.
Ossia manguste allo stato brado.
Momento pennarelli.
Ossia l'Apocalisse.
Fede afferra il marrone, lo scappuccia e verga con una specie di F la schiena di un'innocente compagna di giochi.
Stile playboy che mette il fermino su quella da tampinare.
Tipo vaccaro che marchia il bestiame.
Molto macho. Troppo. Di questi tempi poi.
Camicetta rovinata e pianto a dirotto dell'infante bersagliata.
Cazziatone mio al piccolo Fede davanti a tutti.
Forse mi faccio prendere la mano: gli altri bimbi si spaventano e piangono (Fede no - lui mi guarda con espressione tipo: "Hai finito?").
Addirittura qualche genitore interviene a calmarmi: "Son cose che succedono", "Adesso non esageriamo", "Suvvia, non l'ha fatto con cattiveria".
Io mi calmo ma mantengo fino alla fine un'espressione contrita della serie 'Facciamo i conti dopo...'
Terminata la festa e una volta soli in macchina, guardo Federico, sollevo imperiosa la mano e... gli do il cinque.
"Orgoglio di papà" dico pizzicangogli le guanciotte da cucciolo di mandingo.

lunedì 12 febbraio 2018

Tinello bordello

Ultimamente mi vengono i durelli mentre lavo i coltelli.
Niente sadomaso, nessuna posata fallica (anche se lo svuota-kiwi...) o perversione erotica (tipo io che urlo "È arrivato l'arrotino!" e lei che si prostra "Affilami tutta!").
Ultimamente mi vengono i durelli mentre lavo i coltelli causa tinelli.
Il tinello della cucina si trova vicino alla finestra che dà sulle case in costruzione dietro le quali si intravede un parcheggio dove a una certa ora, tarda ora, si ferma puntuale una macchina coi fari accesi (devono essere i preliminari).
Spenti i fari comincia il dondolio in crescendo dell'abitacolo illuminato a intermittenza dalle luci rosse di segnalazione della gru che dall'alto troneggia.
Bene o male alla stessa ora, tarda ora, io mi metto a lavare le stoviglie.
L'ho sempre fatto, da qualche giorno a maggior ragione.
Il fatto di tenermi impegnato in una qualche attività mi fa sentire meno guardone, ma in fondo è quello che faccio: mi sporgo, controllo, mi eccito, rinculo, mi sporgo, controllo, mi eccito, rinculo...
Un moto sussultorio durante il quale le mani mulinano senza neanche guardare bicchieri e posate.
Qualche taglietto in cambio di un po' di testosterone.
Praticamente vado a ritmo fino alla montata di sapone liquido.
Allora torno con gli occhi sul tinello e si interrompe anche il dondolio della macchina.
Silenzio fuori (devono essere le coccole) e sciacquio in casa.
Sento il motore dell'auto che si accende proprio mentre termina lo sgocciolio del rubinetto.
Mi viene voglia di fumare una sigaretta.
In quel momento passa Irene che domanda: "Fatto?"
"È stato bellissimo" le dico e strizzo l'occhio allo svuota-kiwi imperlato di gocce.

sabato 3 febbraio 2018

Shangahi

Io e Irene abbiamo inventato questo gioco che si chiama Shangahi.
È come Shanghai ma con 'ahi' in fondo.
Praticamente chi di noi la sera lava le stoviglie (bene o male ci alterniamo), le dispone ad asciugare in modo tale che il mattino dopo lo sfidato debba stare molto attento a prenderle per riporle nel cassetto.
Nel senso che ci divertiamo a sovrapporle e incastrarle così da creare una matassa ingarbugliata di acciaio precario.
Un tocco sbagliato e potrebbe precipitare l'intero castello di forchette, cucchiai e coltelli.
Come a Shanghai appunto.
Abbiamo aggiunto 'ahi' in fondo non perché ci sia il rischio di farsi male, ma perché di solito a farne le spese è Federico, che per il rumore si sveglia di soprassalto e comincia a piangere dallo spavento.
È a questo punto che il vincitore urla "Ahi!" all'altro.
Segue risata generale.
Tranne Federico.