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domenica 28 gennaio 2018

Lessico famigliare

Fede cresce fisicamente ma non verbalmente.
Ancora pochi termini per di più mal sillabati.
A colpirmi, forse per deontologia professionale, è soprattutto la povertà lessicale.
Un bacino d’una ventina di parole combinate tra loro in modo poco logico.
Esempio: “Luna luce buio bau ‘nduja” (tana per il nonno calabro).
Allora ho fatto autocritica, ho rinunciato al bergamasco in casa e ho cominciato a utilizzare un lessico più ricercato/ambizioso.
Al posto di “Mòchela che ta sa fet del mal!” un più aulico “Contieniti al fin di evitar a te stesso nocumento!”.
Invece di “Dòm che l’è ùra dela pappa!” un più lirico “Suvvia che il desinar s’appressa!”.
In sostituzione di “O signùr, sent che odùr!” un più biblico “Onnipotente, quale malefico lezzo!”.
In dieci giorni nessuna apparente evoluzione.
Fino a stamattina.
Appena sveglio, mi è corso incontro, mi ha abbracciato e all’orecchio mi ha scandito affettuosamente: “Padre”.

venerdì 26 gennaio 2018

Rock'n doll

Come se Torero Camomillo piacchiettasse sulla spalla di Bruce Springsteen e gli dicesse: "Scansati che tocca a me".
Da un paio di sere, finita la cena, niente rock (colonna sonora ideale mentre lavo i piatti - ne ho già rotti una decina) perché scatta tassativa la baby-dance.
La pasta al forno non è ancora bolo che già son chiamato a fare le mossette.
Non si discute.
Nessuno può mettere baby-dance in un angolo.
Non è tanto Federico a volerla (lui se ne starebbe placido in disparte a digerire e giocare coi cubotti).
È Irene a imporla.
Tipo animatrice in bamba matta dei villaggi vacanze al momento del gioco aperitivo: nessuno la caga ma lei impone ugualmente la pantomima a tutti.
Fatto sta che un attimo prima che attacchi "Il caffè della Peppina' vado ai vinili dei Led Zeppelin, li giro contro la parete e sussurro: "Robert, Jimmy, John, Bonzo... Perdonatela, perché non sa quello che fa".
E nel momento in cui sculetto verso il centro della pista mi pare di sentire ovattata ma potente una schitarrata elettrica di solidarietà.

sabato 20 gennaio 2018

La figlia del carrozziere

Il papà di Irene, prima della pensione, faceva il carrozziere.
Embè?
Io sto con Irene perché suo papà faceva il carrozziere.
Ah, il solito guidatore maldestro-cinico approfittatore!
No, per stare con Irene bozzavo volutamente la macchina almeno un paio di volte al mese così da portarla da suo papà che faceva il carrozziere.
Il nesso?
Che Irene studiava nell'ufficio attiguo al garage dove suo papà faceva il carrozziere ed era l'unica occasione per me di poterla vedere.
Romantico, ma perché ce lo racconti?
Perché Irene questa settimana è tornata a casa per ben due volte con la macchina tamponata.
Credo abbia un altro.

sabato 13 gennaio 2018

Andate e twittatene tutti

Verifica di Storia su Impero Romano del I-II secolo.
Uno degli argomenti era nascita e diffusione del Cristianesimo.
Nello specifico una domanda recitava: “Scrivi in sintesi il messaggio di Cristo”.
Risposta di uno dei ragazzi: “Ci ved dp. Fate i brvi! ;-)”.
L’evangelizzazione ai tempi di WhatsApp.
Massimo dei voti.

mercoledì 10 gennaio 2018

Che fisica!

Prima legge dell'infante costipato (detta anche Legge di Federico): la quantità di kleenex a disposizione in casa è inversamente proporzionale agli ettolitri di muco sciabordanti dal nasino del bambino raffreddato.

Seconda legge dell'infante costipato: la quantità di muco esondata dal nasino di un bambino raffreddato è direttamente proporzionale alla quantità di muco secco raschiabile dal maglione del genitore.
Questa legge fisica è anche nota come Legge di cambio dello stato della materia (da viscido a incrostato) o Seconda Legge di Federico.

Terza legge dell'infante costipato (della Mucosa Appiccicosa o Terza di Federico): la quantità di muco di bambino raffreddato rappreso sul maglione è direttamente proporzionale all'alchimia di fatica e imprecazioni impiegata per raschiarlo.

domenica 7 gennaio 2018

Stop waterboarding!

Avevo sentito parlare per la prima volta del waterboarding ai tempi della guerra in Iraq.
Si tratta praticamente della tecnica di interrogatorio-tortura che consiste nell’immobilizzare una persona a volto in su e versarle acqua sulla faccia in modo da rendere molto difficoltosa la respirazione.
All’epoca la notizia mi aveva colpito ma non scandalizzato più di tanto, nel senso che, trattandosi di un contesto di guerra, non ero stato lì a sottilizzare tra legittimo e illegittimo, morale e immorale.
Poi la scorsa notte ho cambiato idea.
Ho assistito ai lavaggi nasali di mio figlio.
Più che assistito, l’ho tenuto da dietro all’americana mentre la mamma procedeva con l’intervento invasivo.
Pipette di soluzione salina da far schizzare su per il naso per purgare le mucose e agevolare il respiro.
Encomiabile nella finalità, condannabile nella pratica, esecrabile nella reazione.
Creature inermi che si divincolano come dei posseduti invocando come dei posseduti Dio.
Stamattina, mentre a stento mandavo giù bocconi a colazione, ho firmato su Internet una petizione internazionale contro il waterboarding.
Fatelo anche voi: www.nowaterboarding/savefederico/stopirene/ioeseguivosolodegliordini.onu