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sabato 30 aprile 2016

Adorabili speronatori

Il giretto domenicale nei budelli congestionati di Città Alta con tanto di passeggino a fendere la folla era una delle cose che più temevo.
E facevo bene.
La scorsa domenica è stata una via crucis dalla Marianna alla funicolare tra conoscenti che non incroci per un anno in paese ma puntualmente becchi altrove, ingorghi di turisti tedeschi in sandali e calzettoni, sconosciuti impiccioni cui smorzare subito gli entusiasmi ("Ma che carinooo!" "Grazie ma sono impegnato").
Poi, a metà percorso, l'involontaria scoperta che con un bebè tutto è concesso.
Anche quello che normalmente provocherebbe diverbi se non spintoni.
Poco prima di Piazza Vecchia, causa maldestra manovra con la carrozzina, ho azzoppato un'anziana signora che mi precedeva nel passo.
Praticamente ho calcolato male le misure e con le ruote anteriori le ho quasi reciso il tendine.
La vittima, fino a quel momento spensierata e garrula nel vestito della festa, s'è girata di scatto mordendo a stento una bestemmia che chiedeva solo di essere pronunciata.
A fermarla non il Cristo che le penzolava al collo né la vicinanza del nipotino cui aveva stritolato la mano al momento dell'impatto (lui la bestemmia l'ha pronunciata per intero), bensì la vista di Federico.
Tanto è bastato a spegnere sul nascere quella che sarebbe altrimenti diventata un'accesa discussione.
Allora c'ho preso gusto: per la rimanente parte del tragitto ho ammazzato la noia puntando dritto alle caviglie delle persone. E tutte le volte la stessa trattenuta reazione.
Quando io e un altro papà col passeggino c'incrociavamo, sguardo d'intesa e numero di talloni centrati con le dita della mano.
C'è gente più brava di me.
Domenica altro giro in Città Alta.

sabato 23 aprile 2016

Esiste!

Primo anno al Vinitaly col piccolo Federico.
Bilancio agrodolce di fine giornata.
Notizia negativa: a un certo punto ho smarrito Federico (ricordo che ha 4 mesi e vive ancora nel passeggino).
Notizia positiva: l'ho ritrovato esattamente dove l'avevo dimenticato, vale a dire nello stand del Molise.
La notizia positiva è che quindi il Molise esiste.

sabato 16 aprile 2016

Ma-

Finita la fase dei versetti e dei suoni gutturali, siamo alle prime sillabazioni.
O meglio, alla prima sillabazione: "ma-".
A un passo dall'estasi la mamma, bruciante secondo posto per il sottoscritto.
Ma non è ancora detto!
Quando Irene si assenta, vado di bombardamento fonetico sul piccolo.
In pratica gli prendo il faccino tra le mani, lo obbligo a fissarmi le labbra e lo tempesto di alternative: "ma-mmut", "ma-chete", "ma-astricht", "ma-icol jackson", "ma-ioliche di Faenza", "ma-remma maiala" (anche solo "ma-iala" va bene).
Nel caso arrivasse a pronunciare per intero la parola "mamma", ho già pronto il secondo raid:
"Mamma... mo' hai rotto!";
"Mamma... questo è stalking!";
"Mamma... ancora una parola e ti denuncio!";
"Mammalucca... cosa ti credevi?";
"Mamma... li Turchi!" (riferito al kebabbaro sotto casa).
Se infine, malauguratamente, dovesse dire "mamma" con tanto di sorrisone e occhi sberluccicanti, allora scatterebbe il Piano C: "Mamma, ragionavo su quanto sei stata fortunata ad incontrare un uomo così!".

sabato 9 aprile 2016

Abbasso la fuga!

Ogni anno scolastico, puntuale, arriva il giorno in cui non vorrei andare a scuola.
Non è il giorno dei colloqui coi genitori né quello degli scrutini.
Indiscutibilmente due momenti di gravose responsabilità, ma non quanto quelle dell'attimo a cui faccio riferimento. Perché poi di attimo si tratta: pochi interminabili secondi.
È il giorno in cui arrivo a leggere un passo dell'Eneide in particolare, quello dell'amore tra il mitico Enea e la regina Didone.
Non è il tragico amore in sé a mettere a disagio la mia sensibilità - figuriamoci - ma come è stato tradotto dal latino sulle pagine dell'antologia.
A dire il vero si tratta di un solo verso: "Egli si diede alla fuga mentre lei provava ancor più pene".
Ora, amico traduttore, passi preferire "pene" a "dolori", "sofferenze", "struggimenti" o "afflizioni".
L'avrai trovato più diretto, più efficace, che ne so.
Ma "fuga"... Con quella "u" traballante pronta a essere sostituita da una "i" inopportuna appena si declama ad alta voce la frase. Magari con un'enfasi da attore shakespiriano per sottolineare la drammaticità della scena.
Perché, ogni anno, in quei pochi frangenti in cui il pensiero precede la sillabazione della parola, è una lotta titanica tra ciò che dovresti leggere e l'associazione licenziosa che ti passa per la testa.
Ogni anno una lotta interiore tra il me stesso professionale e la mia parte birichina.
Ogni anno una vittoria al fotofinish dell'adulto posato sull'eterno adolescente.
Ogni anno la soddisfazione di aver infine pronunciato giusto e spento sul nascere le risatine dei ragazzi.
Ogni anno fino a ieri.
Abbasso la fuga!

sabato 2 aprile 2016

Incontri ravvicinati della terza età tipo

All'inizio era motivo di vanto e orgoglio.
Fare un giro col passeggino in paese per condividere con la comunità le gioie della paternità.
Per la serie: "Ebbene sì, questo è mio figlio!".
Ancora oggi è così quando incrocio amici e parenti.
Ma non con gli 'altri'.
Gli 'altri' sono tutti coloro che non ricordo minimamente chi siano.
Di solito signore sulla sessantina che evidentemente mi conoscono ma di cui non posso dire altrettanto (forse amiche della mamma che un giorno, dicesi uno, mi tennero in braccio da bambino o forse sconosciute dispensatrici di caramelle dei tempi dell'infanzia giunte oggi a elemosinare in cambio un barlume di confidenza).
Fatto sta che non le reggo più: interrompono la camminata ogni cinque metri e la dilatano all'inverosimile (a volte ho paura di tornare a casa ed estrarre dal passeggino Federico diciottenne).
Sbucano lungo il tragitto come zombie di The Walking Dead e si avventano sulla privacy per farla a brandelli.
Le mie risposte, in un primo momento puntuali e garbate, sono diventate nell'ultimo periodo leggermente più sbrigative e risolute, al punto che la conversazione si interrompe sempre dopo un solo scambio di battute.
"Ma che bello! Da chi ha preso?" "Da quello che ritira l'umido il mercoledì mattina".
"Com'è che si chiama?" "Ahmed. Di questi tempi non si sa mai".
"Quanti mesi ha?". "Boh. Comunque è ancora in garanzia".
"Mangia regolarmente?". "Eccome. Dovrebbe vedere poi quando è in chimica".
"Di che colore è la cacca?". "Pervinca con striature cremisi".
"Vi fa dormire la notte?" "Sì. Siamo noi che non facciamo dormire lui".
"Chi lo cambia?" "Nessuno".
E la passeggiata riprende.