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domenica 28 febbraio 2021

Precoce


Sono di là che lavoro.
Non lo sento da mezzora.
Mi preoccupo e vado a vedere.
Lo trovo così.
Un po' precoce.
E un po' miope.

giovedì 25 febbraio 2021

"Cazzo fate?" e del come il Covid condizioni la psiche


Mi sono accorto di una cosa ultimamente.
Che ogni volta che in una scena di film o serie avviene un contatto tra i personaggi (un abbraccio, una stretta di mano, una pacca sulla spalla, anche solo un coppino) scatto sul divano e dico “Cazzo fate che non si può?”.
Non in caso di congiunti. Sulle scene di sesso tra congiunti niente da obiettare. Anzi, metto in slow motion proprio perché no-Covid.
Reagisco in caso di contatto tra personaggi non congiunti, tipo amici o colleghi di lavoro.
Mi viene spontaneo e mi rovina il resto della visione.
Anche coi film già visti.
Tipo Tognazzi che saltellando dalla banchina schiaffeggia i passeggeri del treno: “Cazzo fai che non si può?”
O Al Pacino cieco che balla il tango con una sconosciuta: “Cazzo fate che non si può?”
O Chandler, Joey, Phoebe e gli altri friends che si stringono sullo stesso divano di Manhattan: “Cazzo vi assembrate che non si può?”
O Leo che abbraccia Kate da dietro e insieme si librano sulla prua del Titanic: “Cazzo fate che tanto affonda?”.



Ci vediamo ieri

Fede confonde domani con ieri.

A livello di linguaggio proprio.

Tipo “Domani ho mangiato la torta” o “Il giorno prima di domani sono andato all’asilo”.

All’inizio sorvolavo, imponendomi almeno con lui di non fare il professore pedante.

“A tempo debito c’arriverà da solo” mi dicevo.

Stamattina non ho resistito e gli ho imposto una lezioncina sull’uso corretto degli avverbi di tempo in italiano.

“Sei tu che non capisci, papà. Quando io dico ‘Domani ho mangiato la torta’ intendo sostenere che le azioni del passato hanno un’inevitabile ripercussione su quelle del futuro. Ad esempio, se ho mangiato la torta e non l’ho digerita, stai pur certo che domani ci penserò due volte prima di mangiarne un’altra. Ieri e domani sono strettamente interconnessi. Al punto che l’oggi non esiste, o meglio esiste solo in quanto effimero momento di raccordo tra ciò che è già stato e ciò che quindi sarà”.

Gli ho chiesto praticamente scusa.

Mi ha quasi convinto.

Roba da rinnegare quanto creduto fino a ieri. O domani?

E chi ci capisce più niente.

Ma oggi non ci voglio pensare.

Anche perché l’oggi non esiste.

E poi ieri è un altro giorno.