Post più popolari

mercoledì 27 dicembre 2017

Il giallo del giallo

Piena fase pennarelli.
Anzi, piena fase pennarelli tranne uno.
Prima ancora di impiastricciare fogli e pareti, Fede scarta il giallo.
Non è che gli toglie il tappino, lo prova e, insoddisfatto, lo accantona.
No, no: lo scaglia a prescindere verso l'altro lato della stanza.
Ipotesi:
- lo associa alla fase itterica dell'inizio, alla claustrofobica culla di vetro, ai faretti intensi e abbaglianti;
- ha notato che non va di moda (la Peppa ad esempio lo calza raramente);
- lo collega all'antipatico canarino di Gatto Silvestro (come dargli torto);
- odia i Cinesi perché sa che un giorno faticherà sottopagato per loro;
- gli ricorda la maglia della Svezia;
- lo abbina ai cibi che lo schifano: banana, purè, zuppa di zucca, limoncello;
- fa pendant col maglione giallo crosta di polenta su sfondo di pentola di rame per cui al nido l'hanno bullizzato sin da subito (peccato, a noi piace);
- non ne può più del mantra rastafariano-autorigenerante che la mamma va ripetendo da un mese: "Jah Love", "Jah Love", "Jah Love";
- gli rimanda foneticamente la parola 'gallo' in odio da quando il nonno calabro l'ha fatto combattere con un vero gallo da pollaio per testarne la virilità;
- è stufo di sentir parlare del giallo su chi sia suo padre.

martedì 19 dicembre 2017

L'essenziale

Irene inaugura la domenica mattina con un "Abbiamo un garage che fa schifo".
Io bofonchio un buongiorno e poi dico: "Non ce l'avrà progettato Renzo Piano ma mi sembra funzionale e ineccepibile".
Quindi mi siedo perché 'funzionale e ineccepibile' mi costa fatica la domenica mattina.
Lei si accanisce: "Intendo il caos che vi regna sovrano".
Resta irrigidita in piedi in attesa di una conferma ('vi regna sovrano' non le costa fatica la domenica mattina).
Fatto sta che a me non pare, ma dallo sguardo capisco che è il caso di alzarmi e fare un sopralluogo.
Macchina parcheggiata dritta, parete-scaffali ricolma e ordinata, bici appoggiate al muro, angolo-ramazza con due cose due da portare in discarica, qualche fogliolina secca in zona saracinesca che fa colore e stagione.
Roba da rivista patinata 'Belli garage'.
Risalgo e riferisco.
Lei scuote la testa: "L'essenziale è invisibile agli occhi".
Tocca risedermi.
Stoccata finale: "Ho avuto ex che passavano il weekend in garage".
Mi sollevo di scatto, trattengo a stento 'chiediti perché', l'abbraccio stretta stretta e la rassicuro: "Tranquilla, adesso ci sono qua io".

mercoledì 13 dicembre 2017

Mùca!

Fede è nella fase delle paroline gnagnose.
Per 'gnagnose' intendo buffamente sgrammaticate.
Ad esempio dice 'mùca!' sia per indicare la mosca che per intendere la mucca.
La cosa non agevola.
Ieri gli stavo dando la pappa a mulinello: un'imboccata dietro l'altra senza soluzione di continuità.
A un certo punto ha cominciato ad agitarsi e a dirmi 'mùca! mùca! mùca!'
E io: "Sì, certo. E la pecorella, il maiale, la gallina, il miao, il bau..." e vai di animale-cucchiaiata, animale-cucchiaiata, animale-cucchiaiata.
Ho capito che intendeva 'mosca' solo quando me l'ha sputata in faccia.

venerdì 8 dicembre 2017

Piccole trasgressioni

È da un po' di giorni che Federico si trascina una brutta tosse.
Credevo fosse malanno di stagione.
Da quando ha cominciato il nido poi.
Virus meo, cazzi tua.
Stamattina la svolta: frugo nella tasca superiore dello zainetto rosa-fucsia di Hello Kitty e trovo un pacchetto di sigarette.
Non percepisco subito la gravità della scoperta.
Troppo grossa per essere vera.
Poi, all'improvviso, la consapevolezza.
Com'è potuto succedere?
C'entra forse sua madre?
Qualcuno l'ha condizionato o trattasi di scelta libera e volontaria?
Se così, cosa mi rappresenta: confusione, provocazione, esibizione?
Quando è cominciato?
Come ho potuto non accorgermene prima?
Non mi par proprio una cosa trascurabile, eppure non c'avevo fatto caso.
Fino a stamattina.

Rosa-fucsia?
Hello Kitty?
Esigo spiegazioni.

domenica 3 dicembre 2017

Contropiede

Prima o poi doveva capitare.
Federico è incappato nella morte e ne ha chiesto ragione.
Camminavamo mano nella mano a bordo strada quando ha notato quello che rimaneva di un riccio spiaccicato.
Si è intristito, mi ha guardato e ha chiesto: "Pecché?".
Io, preso in contropiede, ho improvvisato la storia meno dolorosa e più fiabesca che potessi immaginare: "Vedi, in realtà quel riccio è vivo e ora si trova sotto l'asfalto in compagnia della talpa che ha sempre amato. Non riuscendo ad andare lei da lui, il riccio ha rinunciato alla propria corazza e ha scavato fin sotto dove ora la talpa e il riccio si vogliono bene".
Preso dall'ispirazione ho cesellato con una morale: "Il bitume non separi ciò che l'amore unisce".
A quel punto Fede, sgranati gli occhi, mi ha detto: "Pensavo fosse colpa di una macchina che col suo moto uniformemente accelerato ha centrato in pieno un corpo troppo lento e fragile per reggere l'impatto con un corpo, per l'appunto, più veloce e pesante".
A quel punto io, sgranati gli occhi, ho indicato i moscerini spalmati sui parabrezza delle auto e ho chiesto: "Perché?"

domenica 26 novembre 2017

Buon viaggio

Stamattina Federico ha cominciato il nido.
Ce l'ha portato la mamma; io l'ho salutato prima di andare al lavoro.
Significa che da oggi ha cominciato a stare con gli altri.
Senza di noi.
Fino a ieri, casa o nonni, era sempre stato con le persone che gli vogliono bene.
A prescindere.
D'ora in avanti non necessariamente. A torto o a ragione. Per ora i bambini.
Io, ad esempio, con gli altri non ci so sempre stare.
Il più delle volte a torto, in qualche caso a ragione.
Gli auguro meno diffidenza e maggiore predisposizione, minor scontrosità e più apertura.
Quantomeno gli auguro di non aver asciugato una lacrima infingarda come il sottoscritto stamattina una volta in macchina.
Anche perché una macchina ancora non ce l'ha.

A parte il mezzo, buon viaggio in compagnia ;-)

sabato 18 novembre 2017

Stagiorni

Mi piace l'autunno.
Mi piace perché mi ricorda la caducità delle cose.
Mi riporta alla cruda e non per forza frenetica realtà.
La luce che stinge, gli alberi che congedano le foglie, le rogge che alitano condensa.
Mi piace andare al lavoro e sapere prima o poi di incontrare, in pausa dalla transumanza, il gregge di pecore nel prato incolto a bordo strada.
Succede ogni anno e ogni anno l'evento mi concilia.
Non è che l'attenda, semplicemente a un certo punto accade.
E infatti all'improvviso eccole lì.
Io in auto già in ritardo, loro sdraiate belanti e pasciute.
Mi piace sapere che vengono da lontano e vanno lontano.
Senza stress, senza urgenza, senza doveri incombenti.
Mi piace quando la natura ricorda a noi umani indaffarati la placida scansione dell'esistenza.
Mi piace meno quando 'ste stronze portamicrobi e cagabagole decidono di attraversare la strada proprio mentre passo io.
Scansatevi maledette: in ritardo, sono in ritardooo!

domenica 12 novembre 2017

San Martini

Il nebbiolo negl'arsi colli
gorgogliando scende,
e sotto il duodenale
sciabola e rosseggia il negrar;

ma per le vie del gozzo
dopo i cacciatorini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' passi offesi
il brillo straparlando
sta l’ubriacon cercando
la tazza di mirar

tra le rossastre labbra
stormi di calici neri,
com'esuli pensieri,
aspettano il cynar.

venerdì 3 novembre 2017

Allora? Com'è andata?

Io e Mirko (nome di fantasia per rispettare la privacy) non ci conoscevamo.
Stessa età all'incirca, paesini diversi a pochi chilometri di distanza, mai frequentati nelle scorribande di gioventù (forse incrociati ma chi se lo ricorda).
Io e Mirko abbiamo cominciato a conoscerci 6 mesi fa.
Puntualmente, ogni domenica mattina sul presto, ci trovavamo a prendere il latte fresco al distributore automatico della cascina a metà strada tra Arcene e Castel Rozzone.
Più che "trovavamo", che presuppone casualità, venivamo spediti dalle rispettive compagne a prendere il latte scordato la sera prima.
L'accusa era identica, manco condividessero un copione: "Padri degeneri più bravi coi bicchieri che coi doveri".
Solo perché il sabato ci eravamo magari attardati con gli aperitivi (senza il magari).
Fatto sta che all'inizio era pura formalità: un cenno del capo, un saluto assonnato, un 'buona domenica' finale di circostanza.
Poi, col tempo, abbiamo preso a parlare con un grado di confidenza via via maggiore.
Dalla settimana appena trascorsa alla vita in generale.
Gioie, fatiche, ricordi, errori, paure condivise con chi non si conosce ma ascolta senza giudicare.
A volte succede.
Senza neanche bisogno di pagare.
L'appuntamento, a un certo punto non più casuale (e chi se ne fregava delle puntuali tiritere: "Ancora ti sei dimenticato!?! Adesso ti alzi e vai in cascina!"), era diventato sempre più informale: pigiama malamente coperto da giacchetta improvvisata, capelli spettinati, visi non sciacquati.
Noi due, il nostro momento di chiacchiere e solo le mucche a origliare sullo sfondo.
Stamattina Mirko mi ha detto che presto cambierà regione per motivi di lavoro.
Ancora oggi, 6 mesi dopo, non so bene che lavora faccia, come si chiami sua moglie, se abbia dei cani, per quale squadra faccia il tifo.
So molto invece di cos'ha provato, che idea s'è fatto, quali desideri ancora per il futuro.
E viceversa.
Buon viaggio Mirko!
Mi piace pensare che un giorno ci ritroveremo da nonni in pensione a prendere il latte per i nipotini e la prima domanda sarà:
"Allora? Com'è andata?"

sabato 28 ottobre 2017

Giuro che non cero

Da un paio di giorni sto frugando nell’archivio on line dell’Eco di Bergamo.
Ho bisogno di risalire a cose che forse all’epoca mi erano sfuggite.
All’epoca significa da due mesi a questa parte.
Da due mesi a questa parte Federico ha maturato un’insana passione per i lumini.
Quelli da chiesa, da processione, da estremo saluto.
Quelli rossi con la fiammella in mezzo.
Quelli da accendere quando si fa un voto o si domanda una grazia.
Federico non fa in tempo a entrare in santuario che vuole accenderne uno, e poi un altro, e poi un altro ancora.
A volte lo spazio a disposizione è già pieno e allora bisogna spegnerne uno, e poi un altro, e poi un altro ancora.
Guai a smorzare i “suoi”.
I “suoi” sono intoccabili, quelli degli altri un po’ meno.
Frignerebbe da far scendere Cristo dalla croce.
Da buon agnostico non mi ero mai posto il problema delle conseguenze.
Fino all’altro giorno.
L’altro giorno abbiamo atteso che l’anziana signora davanti a noi si girasse e subito le abbiamo spento il lumino perché ci stesse il nostro.
Tempo di far soffiare Federico sulla fiammella e l’anziana signora ha cominciato a tossicchiare, poi tossire convulsamente, quindi rantolare-scatarrare fino allo spasimo.
Il sacrista l’ha soccorsa e tutto si è risolto per il meglio.
Io e Fede ci siamo guardati e siamo tornati a casa pensierosi: che la donna avesse chiesto un’intercessione per lo stato di salute precario? Che il nostro gesto avesse smorzato sul nascere la supplica? E prima di allora? Quante volte? Chi? In che misura? Fino a che punto?
Ho controllato: sull’Eco non danno notizia di tragedie ad Arcene da due mesi a questa parte.
Ma se io e Fede siamo in giro e vediamo un compaesano con il braccio rotto, in carrozzella o con la testa fasciata, allora abbassiamo gli occhi.
Di fronte ai manifesti funebri, poi, acceleriamo il passo per non incrociare lo sguardo delle immaginette.
Che a volte ci appare incazzoso.
Come di chi sa come sono andate le cose.

lunedì 23 ottobre 2017

I got IT!

Ieri, facendo un po’ di cambio-guardaroba, ho ritrovato un vecchio impermeabile giallo con cappuccio di quando consegnavo la posta sotto l’acqua e la neve.
Stamattina, uscendo di casa, ho adocchiato sul pavimento un palloncino rosso portato a casa da Federico dopo non so quale festa di compleanno.
Due più due e illuminazione fu.
Sono entrato in classe nascondendo la faccia dietro il palloncino e ho detto con la voce più inquietante che mi riusciva: “Interroghiamo quello che con le verifiche fa sempre le barchette di carta…”

sabato 14 ottobre 2017

Misantropia ottobrina

Giornata no.
Misantropia ottobrina.
L’inferno sono gli altri.
L’inverno sogno gli altri.
Ma in autunno, oh in autunno...

Sarà la prima nebbia del mattino,
sarà il sole pallido e stinto di vino,
sarà la sera che cala imperiosa come una fiumana,
sarà il sacco dell’umido che torna a essere ritirato solo una volta a settimana,
saranno il compleanno che si avvicina e l’età che avanza,
sarò io,
sarà jevo,
saranno gli altri…

Mi stanno
come d’autunno
sui coglioni
le mosche.

sabato 7 ottobre 2017

Peppa porca

Non mi riesce più di vedere i cartoni con Federico.
Ad essere precisi un cartone: Peppa Pig.
Non è un discorso di qualità (i protagonisti parlando grugnendo) o quantità (le puntate alla fine son sempre quelle).
È che a un certo punto entra in scena Suzy Pecora.
Se ho ben capito nell'originale inglese gli amichetti di Peppa hanno nome e cognome che iniziano tutti con la stessa lettera: Freddy Fox, Pedro Pony, Rebecca Rabbit...
Suzy Sheep da noi è diventato Suzy Pecora.
Non Serafina, non Simonetta, non Sebastiana.
Che poi il problema non è tanto il nome quanto il cognome.
Potevano tradurlo con Suzy Agnella, Suzy Ovina, Suzy Quadrupede Lanoso.
No, proprio Suzy Pecora.
A Fede fa ridere, a me fa sesso.
Susy Pecora nel mio immaginario è tutt'uno con Moana Pozzi, Milly D'Abbraccio, Jessica Rizzo.
È un nome da privé, da night club, da paginone centrale di Playboy, da categoria monografica su Yuoporn, da film di Tinto Brass (tipo Rocco nei panni dell'idraulico che le dice: "Tu sei Susy, vero? Pecora?" e non capisci se è il cognome o una richiesta).
Sarò degenerato io, ma dal momento in cui Susy compare smetto di guardare e parto di fantasia.
Immagino che mi strizzi l'occhio e accenni all'ovile, che si tosi tutta per me, che beli da porca (provocando una crisi d'identità in Peppa: "Ma allora - oink oink - io chi sono? Cosa - oink oink - rappresento? E soprattutto - oink oink - perché ho un nome da vecchia ubriacona?).
Fede se ne accorge e comincia a tirarmi la maglietta per riavermi "presente" al suo fianco.
Mi vuole complice, non supplice; scherzoso, non focoso; divertito, non pervertito.
Allora mi concentro e scaccio i pensieri birichini.
Fino a quando fra le amichette animate fa capolino Wildy Wolf.
Selvaggia Lupa.
Lì spengo e trascino Fede a fare la doccia fredda con papà.

domenica 1 ottobre 2017

Allievo e maestro

Zona cattedra poco prima dell'inizio della lezione
"Posso una domanda?"
"Certo"
"No, perché la fonte mi pare autorevole in materia"
"Grazie, spero di essere all'altezza. Quale materia?"
"Donne"
"Ahia..."
"Appunto: ahia..."
"Provo a indovinare: scottato ripetutamente senza venirne mai a capo"
"Diagnosi impeccabile"
"C'avrei scommesso"
"Quindi?"
"Quindi benvenuto nel club. Non so cosa rispondere. Su altro sono preparato, ma su questo..."
"E l'esperienza?"
"Come il due di picche a briscola"
"Nel senso?"
"Nel senso che chi le capisce è bravo. Ogni volta è come se fosse la prima: un umore diverso, un comportamento imprevisto, una reazione inattesa. Volubili, imprevedibili, spiazzanti. Impossibile prevenirle, deleterio contraddirle"
"Tinte fosche"
"Mi dispiace, ma a qualcuno toccava farlo"
"Eppure avrei giurato..."
"Fingo sicurezza, ma sulle donne m'infrango"
"Chi l'avrebbe mai detto?"
"Già"
"Qualche trucco almeno?"
"A.NI.A"
"È un'associazione? Tipo l'Alcolisti Anonimi per il supporto psicologico?"
"Per quello c'è il bar. L'Alcolisti Anonimi è lo step successivo"
"E allora cos'è?"
"Un acronimo"
"Che sta per?"
"Ascoltare, Non Interrompere, Assecondare"
"Chiaro"
"Ah, ancora una cosa"
"Cosa?"
"Valorizzare, sempre e comunque. A prescindere"
"Direi che per oggi basta così"
"Direi di sì, anche perché sta per suonare"
"Perfetto, grazie mille"
"Si figuri prof"

mercoledì 27 settembre 2017

Comunque costano

Venerdì pomeriggio, camminando in via Roma a Treviglio e passando a lato di una coppia madre-figlia (50 e 15 anni su per giù), mi è capitato di sentire quest’ultima concludere così un discorso: “Comunque i preservativi costano”.
A parte che il sottoscritto pensa di aver utilizzato con i propri genitori per la prima volta il termine ‘preservativi’ giusto un paio di mesi fa (mi era scappato chiedendo se avessero in casa dei sacchetti da freezer “preservativi…” – silenzio , imbarazzo, rossore in faccia – “…ma sì dai, quelli che preservano i cibi deteriorabili dalla corruzione del tempo”).
A parte ciò, ho avanzato le seguenti ipotesi:
- due attrici, calate perfettamente nei ruoli, stavano ripassando il copione di una qualche commedia dell’assurdo (tipo ‘Aspettando godo’);
- la figlia si opponeva alle insistenze con cui la madre la pregava di rinunciare al salto della quaglia come pratica contraccettiva;
- la figlia stava vagliando tutti i metodi anticoncezionali conosciuti soppesandone pro e contro;
- la figlia, emancipata, si stava lamentando in pubblico dell’incidenza di quella voce di spesa nella propria paghetta settimanale e questo in ragione dell’ampio ricorso al prodotto in questione (la madre, in silenzio al suo fianco, camminava combattuta tra l’orgoglio di avere una figlia un po’ donna e il dubbio di avere una figlia un po’ zoccola);
- la figlia, appassionatasi alla lezione scolastica di economia, stava calcolando il valore sul mercato del profilattico una volta tenuto conto del costo di partenza del lattice grezzo, del conseguente processo di fabbricazione, della manodopera volta a testare la qualità del prodotto finale;
- la figlia stava ricordando la soluzione di un problemino di matematica che ancora la assillava dai tempi delle Elementari: “Un bambino entra in farmacia e compra una scatola di preservativi. Calcolando che in tasca ha 20 euro, che 5 li ha già spesi per le sigarette e che i preservativi costano cadauno…”;
- la figlia stava condividendo lo stupore nei confronti dell’inflazione galoppante attestata dal vertiginoso rialzo del prezzo dei condom (dati Istat alla mano), per la serie: “Ricordi mamma? Solo una settimana fa venivano…”;
- la figlia, studentessa di giorno e cameriera di sera, stava negando alla madre disoccupata e imbronciata i soldi per l’acquisto degli anticoncezionali.

Oppure, semplicemente, la figlia è figlia dei tempi e la madre è ignota.

mercoledì 20 settembre 2017

Ito?

Con Fede siamo passati alla fase "pappagallina", vale a dire alla ripetizione pedissequa delle parole sentite.
O meglio alla ripetizione della parte finale delle parole sentite.
"Ite"
Capito?
"Ito"
Esatto!
"Atto"
Questo è l’andazzo…
"Azzo"
Il problema è proprio "azzo" ripetuto una decina di volte.
"Azzo azzo azzo azzo azzo azzo azzo azzo azzo azzo"
Il disagio aumenta nei luoghi pubblici.
Sabato sera al ristorante, dopo che Irene mi aveva detto di vedermi un po’ paonazzo, Federico ha così risposto al “Desiderate?” del cameriere: “Azzo azzo azzo azzo azzo ...”
Da allora stiamo cercando di evitare tutti i termini che finiscano in forma fallica: mazzo, lazzo,
paparazzo, arazzo, Durazzo…
Quantomeno di non collocarli in fondo alla frase.
Esempi di sintassi alternativa: “Un mazzo ne vorrei”, “Magnifico arazzo quello è!”, “Stati a Durazzo voi siete?”
Impegnativo, non immediato, grammaticalmente discutibile ma alla lunga efficace.
Fino al mio imperdonabile errore di ieri sera a tavola: “Nooo, mi è caduto il sale... Che sfiga!”

mercoledì 13 settembre 2017

Se non allora quando

Con un bimbo piccolo che gironzola per casa, salta, s'inerpica, lancia e si lancia, è praticamente impossibile trovare un momento per volersi bene.
Intimamente bene.
Di notte non se ne parla perché dal lettone, dove s'assopisce, impossibile smuoverlo pena risveglio traumatico (per lui e per i vicini).
Di giorno, ora pennichella, si potrebbe anche fare ma finisce sempre che ci addormentiamo pure noi (maledetta digestione!).
Allora ogni tanto, quando l'ormone ha il sopravvento, prendo la pallina di pezza, la faccio rotolare lungo il corridoio fino alla stanza in fondo e incito Federico ad andare a prenderla.
Lui si esalta, scatta, recupera e torna.
Per lui 30 secondi di puro divertimento.
Per me e Irene idem.
Compresi i 20 per rivestirsi.

martedì 5 settembre 2017

Il sorpasso

Non sono mai stato un tipo sportivo.
Zero calcio, un po’ di tennis quando ancora le racchette erano di legno, quella volta che corsi i 100m inseguito da uno sciame.
A scuola, in Educazione Fisica, un 6 risicato.
Ancora oggi il massimo che mi concedo sono poche flessioni e un paio di addominali così da poter rispondere, nel caso me lo chiedessero, “Ultimamente faccio palestra”.
Tutto improvvisato, si intende: salotto di casa, tappettino-puzzle del bimbo e conteggi taroccati per accelerare la fine.
La cosa si è fatta divertente da quando l’altro giorno Federico si è fermato al mio fianco, mi ha scrutato incuriosito, si è sdraiato e si è messo ad imitarmi nei movimenti.
La cosa si è fatta meno divertente da quando quello stesso giorno Federico andava avanti negli esercizi mentre io già ansimavo.
Si fletteva e rideva, si fletteva e rideva.
Arrancavo e imprecavo, arrancavo e imprecavo.
Un’umiliazione, un “sorpasso” padre-figlio in anticipo rispetto alla tabella di marcia (avevo calcolato sui vent’anni, non venti mesi).
Ieri sera una piccola soddisfazione a ristabilire l’ordine naturale delle cose: lui in bagno che si sforzava sul vasino da notte; io che l’ho affiancato, mi sono seduto sulla tazza e ho seraficamente espletato.
Tutto ciò senza mai guardarlo in faccia bensì fischiettando un simpatico motivetto.
Prima di uscire l’ho fissato e gli ho detto: “Schiaccia tu visto che ti allunghi così bene”.
Irene dice che sono immaturo, orgoglioso e infantile.
Io dico che ha cominciato lui.

martedì 29 agosto 2017

Che tu hai clacsonato?

Non essendo alla fine successo niente di male confido nella comprensione di Irene, ma questo outing lo devo proprio fare.
Direi che, più che una relazione platonica, si è trattato di una scappatella clacsonica.
Tutto ebbe inizio a fine maggio quando, nei pressi dei campi sportivi di via Bergamo, a pochi metri d’asfalto dall’ingresso di Treviglio, una ragazza a spasso col cane aveva risposto con un sorriso al mio clacsonare ripetuto.
Una ragazza già notata nei giorni precedenti ma nulla più di una comparsa sullo sfondo dell’abitudinario itinerario verso il lavoro.
Nell’occasione specifica la ragazza aveva scambiato il mio gesto nervoso, direzionato a quello della macchina davanti che non si muoveva nonostante la coda da mo’ si fosse sbloccata, come un apprezzamento grezzo ma insistito.
Tanto da tornare a cercarmi con lo sguardo e sorridermi il giorno dopo, e quello dopo pure, e quello dopo ancora.
Quasi un sesto senso le sussurrasse il mio sopraggiungere.
Oppure era la mia delicata clacsonata di qualche metro prima a suggerirle che stavo arrivando.
Non so, fatto sta che da persona educata quale sono non ho potuto che contraccambiare e aggiungere di volta in volta espressioni facciali a ravvivare una conversazione di fatto impossibile in quei pochi frangenti di rallenti tra il mio scorrere in auto e il suo attendere i bisogni del cane.
Un repertorio di smorfie e mimar di mani a significare “Come siamo eleganti oggi!”, “Mi sa che si mette a piovere”, “Guarda, mi attende una giornata…”.
Fino al giorno degli shorts inguinali, resi ancora più aderenti dalla posa di lei china sulle deiezioni del cane, che hanno provocato un’istintiva ancorché prolungata clacsonata da parte mia che ha a sua volta provocato la reazione risentita del tizio della macchina davanti che ha tirato il freno a mano ed è sceso a chiedermi spiegazioni.
Tempo di indicare all’energumeno la ragione della clacsonata e lei era sparita, lasciandomi solo in un misto di paura ed eccitazione che mai più voglio riprovare.
Anche se è ciò che mi ha salvato dall’energumeno: l’evidente eccitazione intendo…

mercoledì 23 agosto 2017

Casottino Club

Ogni anno trascorro almeno una settimana in montagna ospite di suoceri, cognate, nipotine, parenti acquisiti, Lilly.
Incantevole l'habitat, estraniante il contesto, paradisiaca l'atmosfera, ma non propriamente silenzioso l'appartamento.
"Toc toc! Manca tanto? Mi scappaaa!", "Zio, zio, ziooo! Ti svegli per giocare con noi?", "Scusa se interrompo la tua lettura: faresti un salto a piedi sotto la pioggia dal fattore all'altro capo del paese a prendere un po' di latte fresco?", "BAU, BAU, BAU, BAU!!!".
Allora da qualche tempo, verso sera, esco con la scusa della spazzatura e mi rifugio in un posto segreto che il resto della famiglia non sa.
Che è poi il casottino del parco-giochi dove al mattino i bimbi si divertono a imitare i grandi.
Tre assi di legno in croce, una tettoia all'altezza di un metro circa, una panca interna dove sedersi.
Sto lì al buio, rannicchiato, un po' scomodo, e penso ai pensieri miei.
Niente di che, ma come ricarica-energie è più che sufficiente.
Due sere fa s'è avvicinato un tizio, sulla quarantina pure lui, che mi ha confessato di avermi notato da almeno una settimana senza però darsi spiegazioni.
Tic nervoso all'angolo dell'occhio destro e faccia tirata parlavano da sé: un simile, un pari, un'altra vittima delle circostanze.
Allora, mosso da solidarietà, ho preso a raccontargli il perché e il per come di quel mio imboscarmi.
Alla fine saluti e conoscenti come prima.
Ieri sera, al solito, mi avvicino al casottino ma un mormorio di sottofondo mi mette sul chi va là.
Un altro passo e scorgo all'interno i contorni indistinti di più teste oscillare e una sussurare: "È lui! È l'iniziatore! Ssst! Forse vuole dirci qualcosa".
E io, investito di un ruolo non richiesto, mi son sentito in dovere di parlare: "Prima regola del casottino: non parlate del casottino. Seconda regola del casottino: non dovete parlare del casottino. Terza..."

giovedì 17 agosto 2017

Non chiedete ai bambini

Irene non fa il bagno se nel mare ci sono le meduse.
Irene chiede sempre ai bambini a riva se ci sono le meduse.
Non lo chiede al gestore dello stabilimento balneare, non al bagnino, non al vecchio lupo di mare col berretto da Tonno Nostromo seduto a prua di un vecchio scafo abbandonato.
Un bambino in riva al mare dirà sempre che ci sono le meduse.
Anche il bambino, come Irene, ha paura delle meduse ma allo stesso tempo ne è attratto: a quell'età rappresentano il mostruoso, l'ignoto.
Irene chiede anche a Federico (un anno e mezzo) se ci sono le meduse.
Lui non sa nemmeno cosa siano le meduse ma, tutto eccitato, ripete 'DUSE!" e indica un generico là nel mare.
Naturalmente Irene gli crede.
Io non chiedo mai ai bambini se ci sono le meduse; mi tuffo e basta nel mostruosamente ignoto.
Irene nessun bagno, io diversi.
Irene nessun oooh di stupore dei bambini, io diversi.
Irene nessuna abrasione, io diverse.

lunedì 14 agosto 2017

Sensibili

Mare, solleone, pelli sensibili.
Scordato a casa l'ombrellone fantozziano da spiaggia libera (ero lì lì per fare inversione a U in autostrada quando Irene mi ha fermato: "In qualche modo ce la caveremo").
Che poi lei la fa facile: problemi di scottatura non ne ha (mezza calabra è).
Io e Federico invece ci contendiamo la Crema 50 Protezione Bimbi.
Appena in spiaggia, facciamo gara a chi la sfila per primo dalla borsa-mare (una specie di 'bandierina' per non ustionarsi).
Tutto è lecito: spintoni, diversivi, guardalàincielochebello!
La quantità che serve per il suo corpicino è appena sufficiente a schermare il mio naso.
Di questo passo finirà presto.
Irene dice di sacrificare il naso così da lasciare a Federico un po' di crema in più.
Io dico che gli è già andata bene che non prendo il sole integrale.

domenica 6 agosto 2017

Qualis pater, talis peto

"Tuo figlio, quando fa la cacca, ti somiglia proprio".
Non so cosa Irene intendesse dire, ma io l’ho preso come un complimento.

giovedì 3 agosto 2017

Ci vediamo più tardi

Da dove parcheggio a dove lavoro ci sta un tratto a piedi.
Lungo quel tratto affaccia un'Onoranze Funebri.
Ogni mattina vedo al suo interno gente indaffarata alle prese coi primi 'clienti' della giornata.
A volte però, raramente, i titolari se ne stanno inoperosi sull'uscio con le mani dietro la schiena in perfetto proverbio cinese: "Siediti lungo la riva del fiume in attesa del cadavere etc.".
Quando questo capita, sento i loro occhi addosso stile check-up completo.
Allora accelero il passo e fingo anche una corsetta tipo "Che volete da me? Non vedete quanto sono in forma?".
Mi riprometto addirittura per il pomeriggio un paio di addominali che non farò mai.
L'altro giorno sono inciampato praticamente davanti al negozio, complici l'andatura affrettata e un cubetto di porfido sporgente.
Con la coda dell'occhio, poco dopo l'impatto, ho visto i titolari avvicinarsi.
Non so se per darmi una mano o il colpo di grazia.
Nel dubbio, mi sono alzato di scatto e ho ripreso a camminare.
Senza neanche voltarmi ho detto loro: "Non è ancora il momento".

venerdì 14 luglio 2017

Boccuccia della verità

Federico è appena tornato da una vacanza con la mamma in un villaggio della Sardegna.
Appena arrivata, la mamma c'ha tenuto a dirmi che in una settimana il piccolo ha imparato un sacco di paroline nuove.
"Ormai basta che dici una cosa e lui la ripete. E più tu la ripeti, più lui la ripete".
Da quando è rientrato il piccolo in questione replica all'infinito solo la parola 'animatore'.
Uhm...

sabato 8 luglio 2017

Prosecco a Gesù

Scorrere rapidamente i titoli di uno scaffale pieno di libri.
Sgranare gli occhi su uno in particolare.
Aguzzare la vista e accorgersi di aver letto "Prosecco a Gesù" anziché "Processo a Gesù".
Ridere sotto i baffi della propria idiozia.
Preoccuparsi un po' delle ragioni recondite della propria idiozia.
Fregarsene delle ragioni recondite della propria idiozia e fantasticare su una storia della Chiesa, e quindi dell'umanità, alternativa: "prese il flûte e rese grazie", "il Vangelo secondo giro", "Ricordati di sciabolare le feste".
Essere richiamati bruscamente alla realtà dalla propria compagna che chiede "Perché quel sorrisino idiota?".
Prendere pausa ad effetto stile Ultima Cena, fissare con sguardo compassionevole e rispondere: "Tutto è bene quel che finisce Valdobbiadene".

giovedì 29 giugno 2017

Pazza idea

La placidità pantofolaia della domenica mattina bruscamente interrotta dalla voce eccitata di lei: "Ho un'idea per dopo", allorché pensando a 'dopo' sei già tutto un fuoco ma scopri che per 'idea' lei intende pomeriggio all'Ikea.

domenica 25 giugno 2017

Pecché?

Adesso siamo nella fase “perché?, anzi “pecché?”.
“Pecché questo?”, “Pecché quello?”, “Pecché così e non cosà?”.
È l’ingenuo desiderio di capire le ragioni di ogni cosa; è il candido stupore di fronte ai meccanismi che governano il mondo.
Ed ogni volta è la mia cocciuta incapacità di dare una risposta alle sue domande, dalle più semplici alle più complicate.
La scorsa notte, in piena notte, non ho fatto in tempo a mettere piede in camera che mi son sentito chiedere: “Pecché (alla calabrese) sei rientrato così tardi quando mi avevi detto che scendevi giusto un attimo a portare fuori l’umido?”.
E anche in quell’occasione non ho saputo cosa risponderle (anche pecché avrei biascicato parecchio).

lunedì 19 giugno 2017

Barbatrucco

Ogni giorno che passa Federico arricchisce il proprio vocabolarietto.
Magari non pronuncia tutto alla perfezione, ma ogni giorno aggiunge una parolina al repertorio.
Giusto ieri s'è inventato 'Trumpupu' (mica gliel'ho corretto).
Fin qui le soddisfazioni.
Ora il mio personale dramma: non spiccica 'papà'.
Dice 'papagalo', 'papaya', perfino 'papatacio' (l'inquietante insettino che d'estate plana sotto la manopola dell'acqua calda mentre uno si fa la doccia).
Ma di 'papà' neanche l'ombra.
Basterebbe accorciasse uno dei termini precedenti, ma col cavolo che lo fa.
L'altro giorno ho perciò giocato d'astuzia e mi sono "appoggiato" a uno dei suoi cartoni preferiti.
Sono entrato in un negozio di giochi e ho comprato un faccione-maschera di papà barbapapà (quello pacioccone rosa tanto per intenderci che muta forma e dimensioni).
L'idea era: se non "papà" almeno "barbapapà".
Obiettivo centrato: da quel momento per lui sono "barbapapà" (e pace per la maschera in faccia e il "barba" davanti).
Da allora però, per non perdere credibilità, devo trasformarmi in tutto ciò che Federico vuole.
"Papagalo" mi esce bene, "papaya" abbastanza (ho improvvisato ma sembra gradire), "papatacio" no, quello proprio non mi viene.BarbapapBarbatrucco

mercoledì 14 giugno 2017

Sussurri in piena notte

Arcene, ieri notte, sussurri in piena notte.

“D! D! Sei sveglio?”
“Adesso sì. Cosa c’è?”
“Federico è rimasto nel lettone...”
“Me ne sono accorto: sto dormendo praticamente sullo spigolo del materasso. Neanche a Guantanamo!”
“E allora spostiamolo dai!”
“No”
“Come no? Ma se hai appena detto…?”
“Scelgo il male minore”
“Cioè?”
“Le zanzare lo stanno prendendo di mira”
“Il nesso, scusa?”
“Risparmiano noi: sangue fresco invece del nostro rappreso”
“Mi stai dicendo che non vuoi spostare tuo figlio solo perché funge da ricettacolo naturale per le punture?”
“Sì”
“Questo, questo… Questo è spaventoso … Questo è…”
“Ti dico io cosa è questo: io sposto Federico, le zanzare se la prendono anche con noi, noi dormiamo poco e male, ci svegliamo nervosi, causa nervosismo e sonnolenza non siamo all’altezza delle sue aspettative diurne di vitalità, la creatura si convince di un pericoloso equivoco del tipo ‘Mamma e papà non mi vogliono bene’, primi segni (suoi) di contestazione, prime forme (nostre) di autoritarismo, secondi segni (suoi) di contestazione, seconde forme… insomma circolo vizioso, psicologo, fuga da casa, mista spuma-lambrusco, spinelli. E questo a soli 7 anni. Dopodiché…”
“Ok, ok. ’Notte. Buono spigolo”
“ ’Notte. Buoni sensi di colpa”

venerdì 9 giugno 2017

Chi ha ucciso Lalla Palmel?

È da 25 anni che aspetto il sequel di Twin Peaks e Irene che fa?
Mi molla a casa da solo col pupo!
Stasera proprio!
Le alternative sono due.
O mi dedico completamente alla creatura, il che significa: spoliazione, inseguimento per mezza casa per completare la spoliazione, doccia, cambio, nuova doccia perché aspettava solo che lo cambiassi per evacuare, nuovo cambio, coccole, nanna e addio appuntamento atteso da 25 anni.
O lo costringo con me a vedere la puntata.
Uhm, fammici pensare...
Da domani credo comincerà a chiamare l'orsacchiotto Lalla Palmel.

sabato 20 maggio 2017

Giustiziere della notte

Vista la confusione imperante, un po' di chiarezza su a chi si può sparare impunemente di notte in casa propria:
- Babbo Natale, Befana, Santa Lucia e altra gente che si ostina a non chiamare Bartolini per le consegne in giornata;
- Batman e ogni risma di supereroi notturni che in teoria dovrebbero dare una mano contro i cattivi ma distinguili tu avvolti nelle tenebre (da qui l’idea di uno smanicato identificativo tipo Anas nonostante i mugugni del sindacato supereroi, Hulk in testa);
- l’Uomo Tigre (ci sarà pure una losca ragione se solitario nella notte va);
- vampiri, babau degli armadi, fantasmi e mostri vari che però si sono fatti furbi e hanno adottato uno smanicato identificativo tipo Anas per passare da supereroi;
- i licantropi di Geova, esseri mitologici che portano la parola di Dio solo con la luna piena;
- i Gremlins (a patto che li becchi nella dispensa dopo mezzanotte);
- il cinghiale che si accuccia sulla vostra pancia dopo aver mangiato pesante;
- i guerrieri che vogliono giocare alla guerra;
- l'olio di palma che s'insinua ovunque;
- il postino trimestrale in realtà studente universitario fuori corso che deve imparare ancora bene il giro e allora passa a consegnarvi il telegramma un po’ sul tardi (peccato… mancavano pochi esami);
- il vicino che commette l’imprudenza di venire a chiedere un pizzico di sale a sole già tramontato;
- il figlio ventenne impasticcato post-sabato sera del vicino che sbaglia per l’ennesima volta soglia e cerca di entrare in tutti i modi;
- la vicina che viene a chieder notizie di marito e figlio;
- le protagoniste dell’ immaginario erotico notturno perché si eccitano di fronte alla canna di un fucile;
- the haters in generale, because the night belongs to lovers;
- la notte stessa, che il poeta ebbe a definir “crucca e assassina”.

sabato 13 maggio 2017

Ia-ia-ooo

Siamo in piena fase "vecchia fattoria ia-ia-ooo".
Federico ne va matto e controcanta alla grande.
Abbiamo però esaurito gli animali di campagna e Irene ha boicottato tutte le mie iniziative (tra cui il verro sventrato nell'aia e il gambero di fosso).
Allora stamattina ho intonato il verso del contadino bergamasco a cui è caduta la zappa sui piedi.
Irene non ha gradito e mi ha dato del cretino.
Fede ha gradito e adesso sa dire anche "cletino".

domenica 7 maggio 2017

Oddìo Odio io

Ieri, dopo aver assistito per strada a uno spiacevole episodio di razzismo, sono giunto alla conclusione che odio i razzisti.
Odio cioè quelli che odiano i diversi da sé.
Quindi odio fondamentalmente un diverso da me.
Il che significa che sono razzista pure io.
Ne consegue che odio me stesso.
Il che spiegherebbe un paio di cose.
Per di più odio persone che, scoprendomi simile a sé, in realtà non mi odiano ma mi amano.
In pratica odio chi mi ama.
Sono proprio una brutta persona.
La prossima volta rinasco direttamente razzista.
Almeno mi faccio meno pippe mentali: odierei gli altri, amerei me stesso, la domenica mattina dormirei invece di scrivere post paranoici.

lunedì 1 maggio 2017

Mio figlio è un luddista

Mio figlio è un luddista.
Non ho detto rugbista, non ho detto nudista, ho detto luddista.
I luddisti erano quegli operai che nell’Inghilterra d’inizio XIX secolo si scagliavano contro le prime macchine automatizzate del ciclo manifatturiero-industriale perché temevano di essere sostituiti da esse e perdere quindi il posto.
Non so se mio figlio tema di perdere il posto, fatto sta che distrugge tutto quanto gli capiti sotto tiro.
Stamattina è toccato alla zuccheriera.
Scaraventata sul pavimento in un frangente di distrazione genitoriale: cocci ovunque e zucchero sparso a invitare a nozze le pioniere formiche di stagione.
Il luddismo nell’Inghilterra d’inizio XIX secolo venne represso nel sangue.
Io mi sono limitato a rotolare mio figlio nello zucchero riversato per terra e ad aspettare che provasse sulla sua pelle le conseguenze formicolanti delle sue azioni.
Punirne uno per nutrirne cento.

lunedì 24 aprile 2017

Come una comica

La cosa più buffa che fa ultimamente è questa: cerca di raccogliere da terra la cosa su cui ha appena messo il piede e che quindi, inevitabilmente, non riesce a tirare su.
La scena risulta esilarante nella sua semplicità.
Più tira più il piede fa pressione e la situazione non si sblocca mica.
Si sforza, s'intestardisce, s'arrabbia ma non ce la fa.
Allora Fede si avvicina, le sposta il piede e raccoglie la cosa per la mamma.

martedì 18 aprile 2017

Bum, bum, bum

Sin dal primo giorno di paternità una cosa che mi piace fare è origliare da dietro la porta le filastrocche che Irene canta a Federico mentre lo prepara per la nanna.
Non ho mai fatto caso alle parole; è l'idea in sé che mi rasserena, come se l'umanità intera, cattivi compresi, condividesse un momento di ancestrale armonia.
Molto Mulino Bianco lo so (non la fase Banderas-gallina parlante, quella precedente della famigliola felice), ma è il mio lato mieloso che prende il sopravvento.
Ciò fino a ieri sera, cioè fino a quando ho fatto caso al testo della filastrocca, che fa pressappoco così:

"Là sulla montagna pum pum pum
lavorano i sette nani pum pum pum
Là sulla montagna ronf ronf ronf
dormono i nanetti ronf ronf ronf
Là sulla montagna drin drin drin
si svegliano i nanetti drin drin drin..." e così via.

Nulla di male.
Ma quando la creatura non si addormenta e al genitore tocca improvvisare, puoi sentire strofe del tipo:

"Là sulla montagna bum bum bum
si sfondano i nanetti bum bum bum".

Da dietro la porta ho immaginato Federico da grande sdraiato sul lettino dello psicologo scavare nel proprio subconscio e raccontare di un vago ricordo d'infanzia: Eolo che inchiappetava Pisolo (che manco si svegliava), Mammolo che guardava eccitato, Brontolo che tontognava "Quando tocca a me? Quando tocca a me?", Cucciolo che ammutoliva (appunto), tutta l'allegra compagnia impegnata insomma in un'orgia fiabesca al ritmo di "Andiam, andiam, andiam a sodomizzar".


Sono entrato di getto nella stanza, ho strappato Federico dalle braccia di Irene e c'ho pensato io a ninnarlo, raccontandogli della gallina parlante e del mugnaio macho e virile.

giovedì 13 aprile 2017

Adesso può sciacquare

C’è una canzone nella mia vita che ascolto solo dal dentista.
Cioè, non è che mi presento con un dj set e la metto su io.
No, passa in radio solo quando sono sdraiato sul lettino del dentista.
Non è un cd messo su dal dentista, tipo il greatest hits del suo cantante preferito.
No, no, è proprio una radio, famosa anche.
Al di fuori dallo studio del dentista non mi è mai capitato di sentire quella canzone, neppure sintonizzandomi per una giornata intera su quella radio.
Si chiama qualcosa come “The river”, un pezzo anni ’80 stile soul malinconico.
Io la trovo una coincidenza incredibile, o meglio: la trovavo.
Ieri ero in treno per Milano e all’improvviso quella canzone soffusa è uscita dalle cuffiette del ragazzo vicino a me.
Mi è partito un trip paura tipo porta spazio-temporale a due passi dal senso della vita.
La signora seduta davanti mi deve aver chiesto una cosa del tipo “La prossima è Lambrate?” e io giuro di aver capito “Adesso può anche sciacquare”.
Finita la canzone non ho fatto in tempo a chiarire l’equivoco: deve essere scesa lo stesso anche se non era Lambrate perché mi sa di averla guardata con lo stesso sguardo carico d’odio con cui fulmino l’assistente del dentista quando fa la finta-gentile finito il trapanamento lento e sanguinolento.
Comunque sì: era Lambrate.

sabato 8 aprile 2017

Igiene in famiglia

Pranzo dai suoceri.
Premessa: Federico è in piena fase smanacciamento–pistolino.
Io con Federico in braccio: “Uhm, che odorini buonoloni… Pronti per la pappa!”
Nonna materna in modalità chioccia: “Prima però andiamo a lavarci le manine che sanno di pisellino”
Io: “Me le sono appena lavate”
Gelo antartico.
Orsi polari ovunque e pinguini nel tinello.
Confido nello scioglimento dei ghiacciai prima del dessert.

lunedì 3 aprile 2017

Primi pazzi

Ieri sera stavo facendo non so cosa in stanza quando Federico ha infilato all’improvviso dieci passi di seguito e ha scoperto di poter camminare da solo.
L’ha fatto col sorriso stampato in faccia.
Io, quasi per nasconderlo a me stesso, mi sono girato di scatto a vincere un fiotto di lacrime affiorato senza preavviso.
Dovuto, credo, all’infinitesimale associazione di idee: cammina – non ha più bisogno di me – un giorno andrà per la sua strada.
So che messa così sembra una pippa mentale e che normalmente avrei infradiciato di sarcasmo chi m’avesse rivolto analoga confidenza.
Ma vissuta in prima persona, così alla bugiarda, la situazione ha determinato il suo porco effetto.
Un contropiede emotivo che neanche il gol di Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali dell’86.
Trattenuto il magone, mi sono allora rigirato per sorridere con lui dell’impresa, ma lui nel frattempo si era schiantato al suolo e piangeva.
E io ridevo.
E lui piangeva.
E più lui piangeva, più io ridevo.
Finché le due cose son diventate una sola.

domenica 19 marzo 2017

Festa del Mammà

È la mia seconda Festa del Papà.
L’anno scorso Federico aveva praticamente dormito tutto il giorno. E ci stava perché la creatura aveva solo tre mesi.
Per quest’anno mi ero fatto qualche aspettativa in più: tipo sorrisetto appena sveglio, carponata impacciata nel lettone a darmi un abbraccino, farfugliamento stile “Guli pà!”.
C’è mancato poco: sorrisetto appena sveglio, carponata impacciata nel lettone a darmi un abbraccino, sillabazione lenta e cadenzata… “Mamma!”

sabato 18 marzo 2017

Plaid 'n roll!

Qualche sera fa avevo due alternative: concerto Afterhours dal vivo o finale Masterchef dal divano di casa.
Fino a poco tempo fa zero dubbi: musica live, pogo in prima fila e lividi del giorno dopo da esibire come medaglie.
Quella sera, al massimo, ho pogato con Irene per contenderle il plaid della nonna.
A distanza di giorni le rinfaccio ancora i lividi.

mercoledì 15 marzo 2017

Lappalalalà

Federico cresce di giorno in giorno e richiede sempre maggiori attenzioni.
Se fino a poco tempo fa riuscivo a correggere i temi mentre lui poco distante giocava in autonomia, ora la cosa si è fatta più complicata.
Vuole interloquire, si aspetta un confronto, attende una risposta.
Non che parli ancora, ma è nella fase freudiana 'cagami anche se non ci capiamo'.
Nonostante ciò mi incaponisco a gestire contemporaneamente le due faccende: scrivo i miei commenti di fine-tema e replico ai versetti di Federico.
Ultimamente mi confondo e mi è capitato di dire a Fede: "Lessico ripetitivo, sintassi ingarbugliata, ortografia carente" (penso abbia comunque afferrato perché ha fatto un musino deluso).
Ho intuito però che la situazione mi era sfuggita di mano quando l'altro giorno un alunno ha alzato la mano e mi ha chiesto: "Prof, perché a un certo punto mi ha scritto 'gnagnagna-gnignigni-lappalalalà'?".

sabato 4 marzo 2017

Il pranzo è servito

Adesso non venitemi a dire che non avete mai confuso i pezzetti di zucca congelata nel freezer con quelli di salmone.
Dai, il colore è lo stesso (scommetto che nei cataloghi ci sta scritto “in tonalità arancio zucca alias rosa salmone”).
Secondo me il brodo vegetale ne ha guadagnato.
E poi Federico sembra aver gradito: basta con una mano tenere il cucchiaino e con l’altra premere con forza leggera ma decisa la nuca verso di esso.
(Chi lo dice a Irene riceverà un invito a cena da parte mia… e cucino io)

lunedì 27 febbraio 2017

L'intruso

Da un po’ di tempo, un po’ troppo tempo, andando a nanna per ultimo arrivo in camera che me lo ritrovo nel lettone.
Gli accordi iniziali non erano questi; anzi, era stata proprio Irene la più risoluta: vada per le primissime volte, la curiosità dell’inizio, l’effetto-novità, ma poi ognuno al proprio posto.
Invece non riesce a liberarsene: è più forte di lei, praticamente una dipendenza.
Infatti eccolo lì adagiato nel mezzo con lei poco distante che tende un braccio a non volerlo abbandonare neanche nel sonno.
Io non posso far altro che infilarmi quatto quatto sotto le lenzuola senza nulla spostare.
L’ho fatto una volta e ne ho pagato le conseguenze: un muso lungo durato giorni perché al risveglio non era più al suo fianco.
Il problema nasce però nel cuore della notte quando muovendomi finisco involontariamente col sovrappormici o ritrovarmelo letteralmente tra i piedi.
La scorsa notte, dopo che mi si è conficcato tra le scapole, non c’ho più visto… Mi sono alzato di scatto, l’ho afferrato e l’ho scaraventato dove dovrebbe stare: sul comodino insieme agli altri stramaledetti cataloghi Ikea!

domenica 19 febbraio 2017

Primi sbocchi

Arcene, Italia, 3 di notte, scorsa notte

"D! Svegliati! Federico sta vomitando come una fontanella nel lettino!"
"Sta addentando una salamella nel panino? Impossibile: ha un anno e non..."
"Ripigliati! Sta vomitando come una fontanella nel lettino!"
"Meglio che nel lettone"
"Idiota! È la prima volta e sono preoccupata"
"Tranqui, tranqui: un paio di rigurgiti e passa"
"Come fai a saperlo?"
"Esperienza"
"Corso accelerato di pediatria?"
"Notti reiterate di vomitria"
"L'ultima quando?"
"Quanti ne avevamo sabato?"
"Smettila cretino! Quindi quando?"
"Tre anni fa"
"Ma convivevamo già"
"Appunto"
"..."
"..."
"E la causa sarebbe?"
"Cominciare con gradazioni alte e finire con quelle basse. Tipo Sambuca-Heineken solo andata"
"Ma stiamo parlando di tuo figlio!"
"Appunto"
"Alternativa?"
"Le patatine fredde mangiate prima di andare a letto"
"Ma non ha mangiato patatine fredde prima di andare a letto!"
"Con mia mamma funzionava"

Comunque poi tutto bene.
Le ho dato le solite gocce e si è riaddormentata.

E ho trovato nel lettino tracce di patatine.

sabato 11 febbraio 2017

Mia piccola iena

Babbo Natale ha portato a Federico un giochetto di quattro pipottini colorati da inserire in appositi buchi fino a far scattare una molla che li catapulta in aria.
Lui ci prova, si diverte, ride e fin qui tutto bene.
Tuttavia non associa il giusto colore al buco corrispondente e la cosa ha cominciato prima a preoccuparmi e poi a darmi sui nervi.
Ho pensato allora di facilitargli le memorizzazione e ho associato un nome ai quattro pipottini.
Pensando alle Iene di Tarantino, li ho chiamati rispettivamente Mr. Blue, Mr. Green, Mr. Yellow e Mr. Red.
Due piccioni con una fava: imparare i colori e imparare un po’ d’inglese.
Niente da fare.
Sono quindi passato direttamente alla fonte e tre giorni fa ho incassato Fede sul divano e l’ho costretto a vedersi il film di Tarantino.
Obiettivo centrato: ora associa i colori.
Controindicazione: "dorme" da tre notti con gli occhi barrati.

sabato 4 febbraio 2017

Il folletto e il bambino

Mio figlio ha un debole per il folletto.
Non nel senso della creatura dispettosa e zampettante che popola le fiabe prima della nanna (anche perché prima della nanna di solito gli leggo le pagine estere del Corriere della Sera: mio figlio sa tutto sulla guerra civile in Siria e nulla sulla fatina del dentino).
Credo l'abbia scambiato per un buffo mostro, uno strano animale a metà strada tra un drago e un armadillo, un dinosauro brontolone che ogni tanto si sveglia e mangia pelucchi e briciole sul pavimento (per inciso: noi non teniamo casa sporca, noi diamo a nostro figlio un motivo per vedere il folletto in azione).
Lo cerca, lo individua, lo chiama (emette il suono "szzzzzzzz" per invocarlo).
Gattona fino alla stanza in cui è rilegato e, pensando stia dormendo, lo accarezza e lo coccola.
Oppure, se ritiene che sia giunta l'ora, gli tira la coda (la prolunga con la spina) e gli ficca il dito nell'occhio (il rosso pulsante di accensione).
Ipotesi per cui mio figlio ha un debole per il folletto:
- si è affezionato all'elettrodomestico che mamma e papà più trascurano (lo vede solo, sottoutilizzato, abbandonato, depresso);
- ha intravisto nella pancia trasparente del mostro, frammisto alla polvere, il succhiotto preferito che mamma e papà avevano sciaguratamente perso e disperatamente cercato (se solo mamma e papà svuotassero la pancia del mostro ogni tanto);
- suo padre vende folletti casa per casa (ricordo che io faccio l'insegnante);
- da grande vuole vendere folletti casa per casa (sempre meglio che fingere un sequestro e chiedere il riscatto a mamma e papà);
- si ricorda subconsciamente del giorno in cui è stato concepito: eravamo in pieno calo del desiderio e io e Irene ci inventavamo delle scenette per rendere l'atmosfera più intrigante; nell'occasione io ero uscito di casa, avevo citofonato e detto: "Sono l'uomo del folletto. Il mio arnese la stupirà. La prego, signora, mi faccia entrare";
- la mette sull'esistenzialistico-filosofico e vuole solo ricordarci che polvere siamo e polvere ritorneremo.

sabato 28 gennaio 2017

Cosa danno in oblò?

Stamattina Federico s’è piazzato per la prima volta davanti al cestello della lavatrice in
funzione e non si smuoveva più.
Una nuca rossa che roteava ipnotizzata al roteare dei vestiti.
Nel momento in cui sono andato a recuperalo mi sono impalato pure io di fronte alla messa in onda.
Mi sono seduto a gambe incrociate di fianco a lui e ho fissato lo stesso spettacolo centrifugato.
Due nuche rosse che roteavano ipnotizzate al roteare dei vestiti
Come darci torto: meglio di tanta idiozia che passa in tivù.
I panni non si urlano addosso ma vorticano in rispettoso silenzio, la pallina porta-detersivi modera il lavaggio senza abbandonarsi a facili qualunquismi, l’acqua sciaborda senza travalicare i limiti della decenza, la schiuma pulisce il contenuto anziché sporcarlo di più.
Oggi pomeriggio si replica: danno in oblò i capi delicati.
E Dio sa di quanta delicatezza abbiamo bisogno di questi tempi…

giovedì 19 gennaio 2017

L'uomo col sacco nero

Calato l'inverno, l'uomo col sacco nero non freme per il venerdì sera.
L'uomo col sacco nero teme il venerdì sera.
Non fa in tempo a mettere piede in casa che una voce querula gli ricorda la fatale incombenza.
L'uomo col sacco nero vorrebbe subito pigiamarsi e rivestire i panni borghesi solo il lunedì
mattina.
Ma l'uomo col sacco nero sa che non può farlo, pena un intero weekend peggio del venerdì sera.
L'uomo col sacco nero allora si riveste come un fagotto, affronta il freddo cane, avanza circospetto sul selciato ghiacciato e trascina stancamente la spazzatura al luogo convenuto.
Lì incontra altri uomini col sacco nero, pure loro inciabattati col vestito del lavoro ancora indosso.
Dall'alto occhi guardinghi dietro vetri appannati controllano che gli aliti di vapore frammisti alla nebbia degli uomini col sacco nero si trovino nel luogo convenuto.
Dal basso gli uomini col sacco nero guardano in alto sapendo di essere controllati e sembrano urlare in direzione dei vetri: "Con questo tempo non uscirebbe di casa neanche l'uccello cucùlo".
Una volta rientrati gli uomini senza più sacco nero confermano di aver detto proprio quelle parole.
In realtà solo le sillabe finali corrispondono.
L'uomo col sacco nero sono io.
Gli uomini col sacco nero siete voi.
È ora di ribellarsi: il sacco nero è mio e me lo gestisco io!

domenica 15 gennaio 2017

Fiatella

Piccolo indovinello di cui ignorare la risposta sarebbe bello...
Fede è seduto sul pavimento; una buffa cimicina gli gira intorno; Fede segue con gli occhi l'insetto, ride e si diverte.
Mi giro, prendo il latte dal frigo e lo metto a scaldare.
Fede è seduto sul pavimento; una buffa cimicina non gli gira più intorno; Fede fissa il vuoto assoluto, non ride e torce la bocca che manco l'urlo di Munch.
Ora la domanda: birichina, birichina, che fine ha fatto la buffa cimicina?

martedì 10 gennaio 2017

Chi la fa la fa

Essere nell'ascensore del condominio e mollare soddisfatti una scoreggina.
Un'ovattata onda di fragore nel mare magnum dell'aerofagia.
Alzare lo sguardo per intercettare la complicità altrui ed essere pronti ad addossare la colpa a vostro figlio: "Suvvia, perdonatelo: è un bambino piccolo, praticamente un neonato...".
Accorgersi che gli altri non ridono e che, dopo avervi fatto il vuoto intorno per quanto possibile nel millimetrico vano di un ascensore, vi guardano schifati e altezzosi.
Abbassare lo sguardo, accorgersi che non c'è nessun bambino e ricordare all'improvviso che è altrove, dai nonni con la mamma al nido non ricordate esattamente dove comunque altrove.
Capire allora quanto si ridiventi bambini in presenza dei bambini, ma soprattutto quanto si diventi cretini in assenza dei bambini.
Anche questo è paternità.

domenica 8 gennaio 2017

Se è no è no!

In questo periodo alza il braccio, stende l’indice ed esige la cosa indicata.
Hai voglia a spiegare pacatamente che non è cosa adatta, che è costosa, che magari tra qualche anno.
Continua a indicare l’oggetto del desiderio e un attimo dopo a guardarmi con aria supplichevole.
Poi torna a indicare l’oggetto del desiderio.
La bocca che s’incurva all’ingiù, il labbro che tremola, la pupilla che s’umetta.
Rispiego amorevolmente che non è il caso.
Seguono pugni tesi in basso, urli e capricci.
È a quel punto che perdo la pazienza e alzo la voce: “Ho detto di NO, Irene! E poi c’è tuo figlio che ti guarda”.

lunedì 2 gennaio 2017

Invasion

Accettato a distanza di settimane l'esito delle elezioni americane, mi sono soffermato a guardare Federico che dormiva.
Lo guardavo e pensavo ai grandi eventi che intanto avvenivano a sua insaputa e pensavo alle conseguenze che avrebbe vissuto a seguito di tali grandi eventi.
Poi mi sono soffermato sui capelli: rossicci, arruffati, buffi, a tratti ridicoli.
Ho guardato meglio Federico, poi ho guardato Irene che dormiva poco distante, quindi ho riguardato Federico.
Infine sono uscito di casa deciso a dichiarare guerra agli Stati Uniti d'America!