"Di cosa avete parlato ieri sera tu e Marco durante il concerto?".
"Non lo so".
"Come 'non lo so'? Avete cominciato a parlare al terzo pezzo e non avete più smesso fino alla fine! Allora? Di cosa avete parlato?".
"Non lo so".
E davvero non lo so.
Non è un modo per tagliare corto con la morosa e non riferirle i dettagli della chiacchierata con Marco.
È che della chiacchierata con Marco non ho capito un'emerita cippa: un gigantesco buco nero che ha inghiottito minuti e musica!
Il tuo amico lo sa che quel gruppo ti piace mentre a lui è indifferente.
Sa che è da un po' che vuoi sentirlo dal vivo e s'è aggregato con la discrezione di chi si sente terzo incomodo (rispetto alla musica, non alla morosa).
Ma questo non gli impedisce già dopo un paio di canzoni di attaccarti una pezza chilometrica di cui percepisci solo alcuni monosillabi - il sound è troppo forte - e a cui non puoi che rispondere con una serie casuale di "Ah sì?", "Oh!", "Davvero?", "Che coraggio!", "E poi?", "Ma chi l'avrebbe mai detto", "D'altronde". Speri solo che c'azzecchino in un qualche modo con il filo del discorso.
Normalmente lo ascolteresti e cercheresti anche di consigliarlo al meglio, ma in quel momento vuoi goderti solo l'esibizione e null'altro.
Invece lui no: imperterrito, continua a scambiarti per il confessionale del Grande Fratello e bla e bla e bla.
Finito il repertorio delle frasi fatte, passi a quello dei termini in libertà.
Di fianco a te una bocca a cui hanno tolto il sonoro.
Non stai capendo una mazza fionda di ciò che il tuo amico va sfogando, ma non osi fermarlo perché a nessuno piacerebbe sentirsi dire: "Facciamo che ti zittisci un attimo?". Men che meno se è 'il tuo amico'.
E lui è un fiume in piena, e le tue repliche ad minchiam anziché scoraggiarlo sembrano carburarlo.
E allora smetti di dargli corda limitandoti ad alzate di spalle ed espressioni facciali.
E lui pare soffrire il tuo silenzio e comincia a muovere le labbra più lentamente, sempre più lentamente... ma solo per recuperare fiato e riprendere il monologo più concitato di prima.
Fino a quando rallenta davvero, si tacita, sentenzia: "Insomma, è tutto".
E tu questo lo distingui chiaramente, lo odi distintamente, perché lo sillaba sulle note finali dell'ultimo pezzo. Poi ti guarda e ti chiede a bruciapelo: "Come mai a un certo punto mi hai risposto 'mietitrebbia'?".
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giovedì 24 settembre 2015
sabato 19 settembre 2015
Una sapida lettura!
Allora, in breve: per partecipare a un concorso ho partorito questa raccolta di aneddoti.
Se quanto letto in questi mesi vi ha strappato almeno un sorriso, vi invito a cliccare sul link http://ilmiolibro.kataweb.it/, mettere nel motore di ricerca il titolo del libro e lasciare un commento (o anche un semplice "Mi piace").
C'è solo da registrarsi e nulla da pagare.
Altrimenti amici di blog come prima ;-)
Se quanto letto in questi mesi vi ha strappato almeno un sorriso, vi invito a cliccare sul link http://ilmiolibro.kataweb.it/, mettere nel motore di ricerca il titolo del libro e lasciare un commento (o anche un semplice "Mi piace").
C'è solo da registrarsi e nulla da pagare.
Altrimenti amici di blog come prima ;-)
giovedì 17 settembre 2015
Scoperte
Non so in che momento della notte avvenga, ma avviene.
Immancabilmente.
Posso anche legarmele al polso, ficcarmele strette strette nei boxer o avvinghiarmici intorno come un involtino primavera, ma a un certo punto della notte le lenzuola finiscono tutte dalla sua parte.
Posso anche dormire in stato di semiveglia per cogliere l'attimo e strattonarlo sul nascere, ma la transumanza ha luogo lo stesso.
Perché tutto capita quando meno te l'aspetti, in un millisecondo, con una capacità predatoria che la donna deve aver sviluppato nel corso dei secoli.
Ho chiesto lumi al mio collega di Scienze (vittima, naturalmente, dello stesso problema) per capire se alla base ci sia quantomeno una spiegazione razionale.
Lui ha allargato le braccia e mi ha risposto che "Volendo, sì... ci sarebbe, ma è come trovarsi di fronte al flusso delle maree a Mont Saint Michel o alla risalita della corrente da parte dei salmoni che vanno a morire a distanza di anni nello stesso luogo in cui erano nati. Cioè, puoi anche razionalizzare, ma il fenomeno è talmente affascinante e inspiegabile da meritare una muta contemplazione. Ogni spiegazione logica lo rovinerebbe".
Ho già il titolo del documentario: la marcia dei piumini.
Immancabilmente.
Posso anche legarmele al polso, ficcarmele strette strette nei boxer o avvinghiarmici intorno come un involtino primavera, ma a un certo punto della notte le lenzuola finiscono tutte dalla sua parte.
Posso anche dormire in stato di semiveglia per cogliere l'attimo e strattonarlo sul nascere, ma la transumanza ha luogo lo stesso.
Perché tutto capita quando meno te l'aspetti, in un millisecondo, con una capacità predatoria che la donna deve aver sviluppato nel corso dei secoli.
Ho chiesto lumi al mio collega di Scienze (vittima, naturalmente, dello stesso problema) per capire se alla base ci sia quantomeno una spiegazione razionale.
Lui ha allargato le braccia e mi ha risposto che "Volendo, sì... ci sarebbe, ma è come trovarsi di fronte al flusso delle maree a Mont Saint Michel o alla risalita della corrente da parte dei salmoni che vanno a morire a distanza di anni nello stesso luogo in cui erano nati. Cioè, puoi anche razionalizzare, ma il fenomeno è talmente affascinante e inspiegabile da meritare una muta contemplazione. Ogni spiegazione logica lo rovinerebbe".
Ho già il titolo del documentario: la marcia dei piumini.
domenica 13 settembre 2015
Allonsanfàn
"Anche lo zio non li sta mangiando!".Terribile la sensazione dello sguardo degli altri adulti addosso perché non si sta dando il buon esempio alle nipotine davanti a un piatto di fagioli affogati nell'aceto.
Ma il rifiuto vince la volontà: il pensiero corre ai lontani giorni dell'asilo quando kapò vestite da suore imponevano di finire il piatto pena il divieto di alzarsi e correre a giocare in cortile.
"Son tutte cose che esistono e quindi volute da Dio" dicevano.
E io rispondevo con nausea, forchetta tremante, compagno obeso di fronte che chiedeva già il bis, io che faticavo con il primo boccone, deglutizione forzata, rigurgito a stento trattenuto, borlotti fatti scivolare a terra o nascosti in ogniddove (le mie tasche, in pratica, scoreggiavano).
Chiamateli capricci, ma non si dovrebbe impedire ai bambini di fare i capricci: è la loro natura.
È come se io andassi da quelle suore ormai anziane e le obbligassi controvoglia a peccare, che ne so, di iracondia o accidia, rassicurandole che "son tutte cose che esistono e quindi volute da Dio".
Allora oggi, a seconda del menù previsto, fomento le bambine a far valere i propri diritti e mezzora prima della tavola le instrado alla disobbedienza civile.
Le frasi più belle di questi giorni sono state: "L'esofago è mio e me lo gestisco io", "Più brasato, meno passato!", "Fate la mortadella, non l'insalata di serra", "Mettete dei liquori nei nostri cannoli" (questa, ammetto, un po' interessata).
Ma il rifiuto vince la volontà: il pensiero corre ai lontani giorni dell'asilo quando kapò vestite da suore imponevano di finire il piatto pena il divieto di alzarsi e correre a giocare in cortile.
"Son tutte cose che esistono e quindi volute da Dio" dicevano.
E io rispondevo con nausea, forchetta tremante, compagno obeso di fronte che chiedeva già il bis, io che faticavo con il primo boccone, deglutizione forzata, rigurgito a stento trattenuto, borlotti fatti scivolare a terra o nascosti in ogniddove (le mie tasche, in pratica, scoreggiavano).
Chiamateli capricci, ma non si dovrebbe impedire ai bambini di fare i capricci: è la loro natura.
È come se io andassi da quelle suore ormai anziane e le obbligassi controvoglia a peccare, che ne so, di iracondia o accidia, rassicurandole che "son tutte cose che esistono e quindi volute da Dio".
Allora oggi, a seconda del menù previsto, fomento le bambine a far valere i propri diritti e mezzora prima della tavola le instrado alla disobbedienza civile.
Le frasi più belle di questi giorni sono state: "L'esofago è mio e me lo gestisco io", "Più brasato, meno passato!", "Fate la mortadella, non l'insalata di serra", "Mettete dei liquori nei nostri cannoli" (questa, ammetto, un po' interessata).
giovedì 10 settembre 2015
Fobie
Di notte ho sempre avuto paura di due cose.
Una è l'uomo nero.
Chiamatelo come volete, ma sin da piccolo mi terrorizza l'idea di aprire gli occhi nell’oscurità e scorgere sull'uscio della porta qualcosa dai contorni sfumati.
L'altra sono i fulmini con annesso PATUMTANBAM!
Una vera e propria fobia.
I temporali notturni mi levano il sonno di dosso e mi fanno tremare come una foglia.
Non mi spaventa tanto il baccano (c'è il ronfo di Irene che lo sovrasta) ma il lampo in quanto tale.
Penso sempre che il prossimo sarà il mio, quello che s'intrufolerà tra i pertugi delle persiane, zigzagherà alla mia ricerca (perché è proprio me che cerca!) e porrà fine alla mia esistenza come in un cartone animato: ZUFF!
Allora, sin da piccolo, tendo a rannicchiarmi nell'angolo più sicuro della casa (o almeno, che io ritengo tale) e aspetto che la burrasca passi.
Quella della scorsa notte è stata particolarmente violenta, tanto che nell'angolo-rifugio m'è parso di veder accoccolata un'ombra indefinita tutta tremolante.
Mi son fatto coraggio e mi son seduto a fianco per l'intera durata della bufera. Dopo qualche minuto, più per infondermi forza che per altro, mi son ritrovato a dire: “Vedrai che tra poco sarà tutto finito”.
Una risposta m’ha gelato il sangue: “Magari… È capace di andare avanti a russare fino a domattina”.
Una è l'uomo nero.
Chiamatelo come volete, ma sin da piccolo mi terrorizza l'idea di aprire gli occhi nell’oscurità e scorgere sull'uscio della porta qualcosa dai contorni sfumati.
L'altra sono i fulmini con annesso PATUMTANBAM!
Una vera e propria fobia.
I temporali notturni mi levano il sonno di dosso e mi fanno tremare come una foglia.
Non mi spaventa tanto il baccano (c'è il ronfo di Irene che lo sovrasta) ma il lampo in quanto tale.
Penso sempre che il prossimo sarà il mio, quello che s'intrufolerà tra i pertugi delle persiane, zigzagherà alla mia ricerca (perché è proprio me che cerca!) e porrà fine alla mia esistenza come in un cartone animato: ZUFF!
Allora, sin da piccolo, tendo a rannicchiarmi nell'angolo più sicuro della casa (o almeno, che io ritengo tale) e aspetto che la burrasca passi.
Quella della scorsa notte è stata particolarmente violenta, tanto che nell'angolo-rifugio m'è parso di veder accoccolata un'ombra indefinita tutta tremolante.
Mi son fatto coraggio e mi son seduto a fianco per l'intera durata della bufera. Dopo qualche minuto, più per infondermi forza che per altro, mi son ritrovato a dire: “Vedrai che tra poco sarà tutto finito”.
Una risposta m’ha gelato il sangue: “Magari… È capace di andare avanti a russare fino a domattina”.
lunedì 7 settembre 2015
sabato 5 settembre 2015
Ragazzi di vite
Adesso anche quando esco in ciabatte a prendere la
posta c’ho paura che da un momento all’altro spunta fuori la paletta del vigile
da dietro un cespuglio e mi tocca fare l’alcol-test. Che da quando mi hanno
fermato l’ultima volta ogni occasione mi sembra buona per ritirarmi la patente.
Anche se uno all’autogrill di Fiorenzuola una volta mi ha detto che soffiando
forte sballi la macchinetta e non ti beccano. Peccato che al mio amico Venzo
l’hanno fregato lo stesso (è anche vero che se si levava il vomito da dosso
forse aveva più possibilità). Per me e i miei soci questa storia
dell’etilometro sta diventando peggio che andare a messa alla domenica. Sarà
che la nostra compagnia si è sempre distinta in paese per preferire alle
ragazze la grappa, che almeno quella alla fine non ti tradisce. Fatto sta che
da un mese a questa parte ci tocca giocare alla pagliuzza più corta per
scegliere quello che non deve bere e portare in giro gli altri al sabato (che
in cantiere la settimana sembra non finire mai). Con questo non voglio mica
dire di andare in giro bevuti fradici a combinare casini. Mi pare solo che la
legge di adesso c’ha dei limiti bassi e “poco
rispettosi del metabolismo specifico di ciascun organismo” (l’ha detto alla
televisione uno che ha studiato). E sono proprio d’accordo ché un tipo come il
Michelotto io l’ho visto centrare col piscio una fede nuziale a due metri di
distanza al matrimonio del Giando, che le portate erano quella cosa tra una
damigiana e l’altra. Insomma, roba che se esci a mangiare una pizza al salamino
piccante e ci bevi dietro una birra capace che ti levano le chiavi della
macchina per chissà quanto tempo e ti saluto lavoro e mutuo della casa. Il Peto,
che è un altro mio amico, a questo proposito dice sempre: “In medio stat
virtus”; ciò per dire che non siamo mica una compagnia di pirla (anche se è
stato il primo che gli hanno portato via la patente).
mercoledì 2 settembre 2015
Memoria lunga (e collo torto)
L'altro giorno abbiamo passato la giornata presso un agriturismo in montagna.
Prima di metterci a tavola, ho fatto un giro con le nipotine a vedere i recinti con gli animali.
Arrivati a quello degli anatroccoli, ci siam dedicati al solito giochetto di dar loro da mangiare e ci siam disposti coi fili d'erba in mano in attesa dei becchi affamati.
Immancabilmente però i giovani pennuti saltavano me che ero nel mezzo e si nutrivano solo dalle bambine. Anche a cambiar posto la situazione era la stessa: puntualmente ignorato.
Allora ho pensato che gli animali han la memoria lunga e si passan la parola.
Festa dell'oratorio di Arcene, metà anni '80, io timido frugoletto convinto a partecipare a un gioco di quelli, appunto, da oratorio: corsa con gli anatroccoli.
Praticamente a ogni partecipante era affidata una bestiolina da tenere in braccio, appoggiare per terra al momento del via e condurre al traguardo costringendola a correre tra i propri passi incalzanti.
Sarà stato che il mio stentava a muoversi, sarà stata l'umiliazione di ritrovarmi ultimo con gli occhi della gente addosso, saranno stati gli sghignazzi in sottofondo, ecco che un passo più nervoso dei precedenti centra in pieno l'anatroccolo e pone fine alla sua corsa: collo spezzato, corpo inerme, kaputt.
Vergogna, senso di colpa, pianti degli altri bambini intorno, disapprovazione generale (a parte la stima imperitura dell'A.C.A. - Associazione Cacciatori Arcene), sguardo carico d'odio dei pennuti sopravvissuti.
Lo stesso sguardo che ritrovo nel recinto all'agriturismo, come se nel mondo dei palmipedi si fosse diffusa la leggenda dello 'sterminatore d'anatre'.
Ci son rimasto male; le nipotine ridevano, imbeccavano, accarezzavano ma io ci son rimasto male.
Indovinate cosa ho ordinato a tavola (le bimbe, a oggi, mi negano il saluto).
Prima di metterci a tavola, ho fatto un giro con le nipotine a vedere i recinti con gli animali.
Arrivati a quello degli anatroccoli, ci siam dedicati al solito giochetto di dar loro da mangiare e ci siam disposti coi fili d'erba in mano in attesa dei becchi affamati.
Immancabilmente però i giovani pennuti saltavano me che ero nel mezzo e si nutrivano solo dalle bambine. Anche a cambiar posto la situazione era la stessa: puntualmente ignorato.
Allora ho pensato che gli animali han la memoria lunga e si passan la parola.
Festa dell'oratorio di Arcene, metà anni '80, io timido frugoletto convinto a partecipare a un gioco di quelli, appunto, da oratorio: corsa con gli anatroccoli.
Praticamente a ogni partecipante era affidata una bestiolina da tenere in braccio, appoggiare per terra al momento del via e condurre al traguardo costringendola a correre tra i propri passi incalzanti.
Sarà stato che il mio stentava a muoversi, sarà stata l'umiliazione di ritrovarmi ultimo con gli occhi della gente addosso, saranno stati gli sghignazzi in sottofondo, ecco che un passo più nervoso dei precedenti centra in pieno l'anatroccolo e pone fine alla sua corsa: collo spezzato, corpo inerme, kaputt.
Vergogna, senso di colpa, pianti degli altri bambini intorno, disapprovazione generale (a parte la stima imperitura dell'A.C.A. - Associazione Cacciatori Arcene), sguardo carico d'odio dei pennuti sopravvissuti.
Lo stesso sguardo che ritrovo nel recinto all'agriturismo, come se nel mondo dei palmipedi si fosse diffusa la leggenda dello 'sterminatore d'anatre'.
Ci son rimasto male; le nipotine ridevano, imbeccavano, accarezzavano ma io ci son rimasto male.
Indovinate cosa ho ordinato a tavola (le bimbe, a oggi, mi negano il saluto).
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