Ieri sera stavo facendo non so cosa in stanza quando Federico ha infilato all’improvviso dieci passi di seguito e ha scoperto di poter camminare da solo.
L’ha fatto col sorriso stampato in faccia.
Io, quasi per nasconderlo a me stesso, mi sono girato di scatto a vincere un fiotto di lacrime affiorato senza preavviso.
Dovuto, credo, all’infinitesimale associazione di idee: cammina – non ha più bisogno di me – un giorno andrà per la sua strada.
So che messa così sembra una pippa mentale e che normalmente avrei infradiciato di sarcasmo chi m’avesse rivolto analoga confidenza.
Ma vissuta in prima persona, così alla bugiarda, la situazione ha determinato il suo porco effetto.
Un contropiede emotivo che neanche il gol di Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali dell’86.
Trattenuto il magone, mi sono allora rigirato per sorridere con lui dell’impresa, ma lui nel frattempo si era schiantato al suolo e piangeva.
E io ridevo.
E lui piangeva.
E più lui piangeva, più io ridevo.
Finché le due cose son diventate una sola.
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