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sabato 20 settembre 2014

Check out

Quei pochi metri di check-out aeroportuale che separano lo straniero appena atterrato dal turista in giro spensierato vengono centellinati micromiglio per micromiglio dalle autorità preposte.
Nome ufficiale: Dipartimento Americano di Immigrazione e Naturalizzazione della Salute Pubblica.
Una Ellis Island meno dozzinale e più asettica in cui l’impatto con l’inflessibile legge a stelle&strisce è inizialmente edulcorato da video infarciti di facce multietniche che cantilenano una sfilza di welcome sorridenti e occhiolinostrizzanti.
Se solo l’ansia da esaminando non v’impedisse di scorgere tra l’abbraccio di una prolifica famiglia del Vermont e il saluto col cappello di un segaligno cowboy dell’Arizona il millesimale fotogramma in cui un infervorato George W. Bush Jr. urla “O con noi o contro di noi!”.
Ma voi siete troppo distratti dal set di benvenuto appositamente allestito per rendervi conto dei messaggi subliminali (altrimenti vi sareste già accorti del dito medio della hostess alla discesa dall’aereo).
Tanto che, passettino dopo passettino in attesa del turno di fronte al vidimatore in divisa, il nervosismo di inizio fila si stempera in un sentore di agiatezza cui non poco contribuiscono le ipnotiche musichette in filodiffusione (solo col senno di poi vi assillerà il sospetto di studi pluriennali della CIA per imbonire a ritmo di jingle per saponette anche gli ospiti più riottosi).
Ma ora tutto è sereno, l’armonia regna sovrana e il mondo è in pace con se stesso (anche grazie agli Stati Uniti, sì! E fanculo l’antiamericanismo che aveva inacidito la vostra giovinezza).
Avanti l’ultimo step, postura gioviale, sorriso tantrico e… pollice sinistro che viene artigliato e scaraventato su una fotocellula digitale a imperitura memoria degli schedari di Langley. Come soundtrack uno scontroso “Welcome” scatarrato da una baffuta poliziotta latinoamericana modellata da anni di nachos e burritos.

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