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lunedì 14 dicembre 2015

Tatanka

Il mio vicino albanese è adorabile: educato, gran lavoratore, sempre allegro, generoso.
Ha una sola pecca: conosce tre parole tre della lingua nostrana nonostante i non pochi anni di residenza in Italia.
È stato infatti tra i primi ad arrivare una ventina d'anni fa (all'epoca avrà avuto quarant'anni), ma da allora zero progressi nell'arricchimento del bagaglio lessicale.
Le tre parole tre sono:
-"Bellaaa gionnata!" urlato al mondo quando ci incrociamo sul pianerottolo la mattina prima di andare al lavoro (la variante "Gionnata di medda!" fa capolino solo in caso di pioggia o nebbia);
-"Grazzzie" infilato in ogni conversazione non implicante per forza forme di cortesia: "Allora, come sta?" (n.b. gli do del lei) - "Grazzie" - "Tutto bene a casa?" - "Grazzie" - "Sua moglie?" - "Grazzie"; oppure: "Scusi il disturbo a quest'ora. Non ha per caso del sale da prestarmi?" - lui scatta in cucina a prendere il sale (perché per capire capisce benissimo), poi torna alla porta e, prima che io riesca ad aprir bocca, mi congeda con un "Grazzie";
-"E adessso bbuona bottiglia di vinooo!" pronunciato con la beatitudine di chi già se la pregusta a qualsivoglia ora pomeridiana una volta terminata la giornata in cantiere.
Possono essere anche le 16, ma l'incontro sulle scale inizia immancabilmente col suo "E adesso buona bottiglia di vinooo!".
Al che gli faccio presente che forse è un po' prestino per bere un goccio.
Lui mi sorride a 32 denti (facciamo 22 visto che gliene mancano una decina qua e là), accenna con lo sguardo a un ripensamento e infine s’irradia: " Grazzie!".

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